La Commissione ha mandato avanti Pierre Moscovici, responsabile degli Affari economici e monetari, per rimediare all’ultimo atto di sfida contro la Grecia venuto da Bruxelles, che rischiava di far precipitare la situazione in un clima già sufficientemente avvelenato, mentre il tempo stringe e la settimana è a rischio per Atene. La vigilia, un giornalista di Channel 4, aveva riportato delle affermazioni inquietanti attribuite a Declan Costello, il Mr. Trojka della Commissione: Bruxelles avrebbe chiesto “formalmente” al governo greco “consultazioni appropriate” prima di far votare dal parlamento la legge sugli aiuti umanitari, perché “fare altrimenti sarebbe agire unilateralmente” in modo “non coerente con gli impegni presi, in particolare con l’Eurogruppo” del 20 febbraio scorso. Moscovici fa un passo indietro di fronte alla reazione di Atene: “sosteniamo completamente l’obiettivo di aiutare i più vulnerabili nella società greca, un veto è fuori questione sul progetto di legge umanitaria”. Per Moscovici è stato fatto un “falso processo” alla Commissione, mentre Costello avrebbe solo voluto “sottolineare che c’è un accordo-quadro e che le autorità greche devono lavorare con le istituzioni, cosa che implica consultazioni” perché “abbiamo bisogno di poter valutare l’impatto sul budget”.

L’assalto da parte di Bruxelles contro la prima legge importante presentata al parlamento dal nuovo governo greco illustra bene lo stato delle relazioni in corso tra Atene e la Ue. Il governo greco ha rimandato al mittente la messa in guardia: “se nel 2015 in Europa la lotta per affrontare la crisi umanitaria è considerata una decisione unilaterale, cosa resta allora dei valori europei?”. Syriza ha invitato tutti i deputati ad “opporsi al ricatto” di Bruxelles. La legge sugli aiuti umanitari è sempre stata presente nelle liste di riforme che il nuovo governo greco ha presentato all’Eurogruppo. Il 23 febbraio era stata considerata, del resto, un “buon punto di partenza”, assieme agli altri impegni presi da Atene, per riprendere il dialogo. In Grecia, il 23% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e la legge prevede il versamento di un contributo per la casa (tra i 70 e i 220 euro) a 30mila persone più un aiuto alimentare per altri 300mila e il riallacciamento elettrico a chi ha subito tagli perché non poteva pagare. Un intervento che dovrebbe costare intorno ai 200 milioni di euro, una cifra abbordabile.

La Grecia ha restituito questo mese 1,2 miliardi di euro ai creditori, principalmente l’Fmi e entro fine mese la fattura crescerà a circa 6 miliardi.

A Bruxelles temono che Atene non ce la faccia, visto che la Bce non ha riaperto il rubinetto del finanziamento attraverso l’accettazione delle obbligazioni in garanzia e permette solo l’Ela, il meccanismo di emergenza. La Commissione ha paura che le banche greche restino a secco e che avvenga un Grexident, un incidente di pagamento che porterebbe immediatamente al default. Da lunedi’, ad Atene è di nuovo al lavoro la trojka (tra cui Costello), che accusa: “il lavoro va avanti molto lentamente”. Bisogna stabilire quale è lo stato delle finanze greche, quali riforme stanno per venire applicate: il tempo stringe, c’è tempo fino a fine aprile per determinare se verrà versata l’ultima tranche (7,2 miliardi di euro) del secondo piano di aiuti, sulla carta esteso di 4 mesi (fino a fine giugno) a fine febbraio. Di fronte ai rischi di Grexident, è anche allo studio la possibilità di anticipare almeno una parte di questo versamento, prima di fine aprile: di questo dovrebbero discutere, ai margini del Consiglio europeo di oggi e domani, Alexis Tsipras con Jean-Claude Juncker, Angela Merkel, François Hollande e Mario Draghi. Un mini-vertice dal quale Tsipras spera di ottenere un accordo politico. Lunedi’ 23 il primo ministro greco ha appuntamento a Berlino con Merkel, per cercare di calmare i toni dello scontro tra Grecia e Germania, ormai quotidiano anche sui media. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha evocato uno scenario alla cipriota: nel 2013, Nicosia era stata costretta a introdurre il controllo dei capitali, su pressione dell’Eurogruppo. Sarebbe l’ultima spiaggia, per evitare un Grexit, uscita dall’euro negoziata. “L’Eurogruppo ha la ferma intenzione di conservare la Grecia nell’eurozona – ha avvertito Moscovici – ma non a qualunque prezzo”.