La proposta era sembrata interessante ma è subito arrivato lo «stop» dai falchi del rigore. Secondo quanto anticipato dal Wall Street Journal, il Fondo Monetario Internazionale avrebbe presentato una proposta ai creditori europei della Grecia, la quale prevede il congelamento del debito pubblico di Atene sino al 2040 e l’allungamento dei tempi di pagamento fino al 2080.

Secondo il WSJ, l’obiettivo principale della proposta a cui fa riferimento, è di mantenere la percentuale del Pil greco destinata agli interessi sul debito, stabilmente sotto il 15%.
A stretto giro, tuttavia, è arrivata la risposta del capofila degli ultraliberisti, il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble. Il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung scrive, in proposito, che il falco a capo del dicastero economico di Berlino avrebbe così commentato la proposta del Fondo: «Fino a che io sarò ministro, non ci sarà nessuno sviluppo di questo tipo».

La Germania, quindi, insiste nel sostenere che bisogna seguire le linee guida tracciate nell’estate scorsa (quando la Grecia è stata costretta ad accettare un nuovo piano di tagli) e che, tutt’al più, ci potranno essere delle modifiche da considerare, però, di tipo marginale. Il gioco delle parti, quindi, continua: l’Europa vuole che l’Fmi accetti di partecipare al programma di sostegno della Grecia. Ma l’istituzione economica internazionale con sede a Washington, «per rimanere a bordo», pretende che il debito ellenico sia reso realmente sostenibile, con una soluzione che non sia solamente di facciata. In questi giorni le indiscrezioni si susseguono, e questa dinamica è segno, se non altro, del fatto che qualcosa si starebbe, forse, muovendo. Sempre dalla Germania, inoltre, il quotidiano Die Welt, ha pubblicato un documento in base al quale il Meccanismo Europeo di Stabilità si sarebbe reso disponibile a saldare, al Fondo Monetario, una parte del debito contratto da Atene.

Intanto il ministro delle finanze greco, Efklidis Tsakalotos, intervenendo ieri alla riunione del gruppo parlamentare di Syriza ha ripetuto che il paese si trova «all’inizio della fine» del difficile percorso che è stato costretto a seguire sino ad ora. Il parlamento si appresta ad approvare, entro domenica, anche il meccanismo proposto dal governo di Alexis Tsipras, come alternativa alle clausole di salvaguardia richieste proprio dall’Fmi, a garanzia di un eventuale avanzo primario inferiore alle previsioni.

In base a quanto deciso da Atene, eventuali riduzioni di spesa saranno adottate dalla Grecia, nei settori della pubblica amministrazione indicati dal governo ellenico e non dai creditori, come avveniva fino adesso. In caso di necessità, le decisioni in questo senso verranno prese non prima di aprile del 2017, quando saranno presentati i nuovi dati di Eurostat sulla crescita dei paesi membri dell’Unione e della zona Euro nel 2016. Si è convinti, tuttavia, che sino al 2019, riguardo alla percentuale di avanzo primario pattuita, non ci dovrebbero essere particolari problemi.
Ad Atene – e non solo –, ora guardano tutti all’Eurogruppo del 24 maggio, nel quale si dovrebbe, o meglio potrebbe, giungere a una soluzione complessiva sulla Grecia. Sia per quel che riguarda la valutazione dei “progressi” compiuti dal paese nell’applicazione del programma pattuito, sia per una effettiva prospettiva di soluzione sul fronte del debito pubblico.

Fonti della Commissione continuano a fare filtrare che «il raggiungimento di un accordo per la prossima settimana è difficile, ma comunque, non impossibile». A voler essere ottimisti si vuole cercare di trattare sino all’ultimo, per arrivare ad una intesa realistica, accettabile da tutti. A vedere il bicchiere mezzo vuoto, si dovrebbe pensare che almeno una parte dei creditori si prepara a riproporre il solito gioco fatto di eterni rinvii, con nuove, dure richieste e scontri di facciata tra Fmi ed Europa.

È quello che Alexis Tsipras vuole evitare ed ovviamente ne parlerà a lungo, domani a Roma, con i primi ministri socialisti che si riuniranno, su invito di Matteo Renzi, nella sala degli Orazi e Curiazi, in Campidoglio, proprio nel luogo dove nel 1957 nacque il primo embrione di paesi sostenitori dell’Europa unita. Con uno spirito e obiettivi, tuttavia, ben diversi da quelli di oggi.