Giovedì 13 febbraio il governo di Atene ha annunciato che le entrate fiscali del mese di gennaio erano inferiori alle previsioni di un miliardo di euro (un divario del 23 per cento). La Bce aggiungeva 5 miliardi di euro in Emergency Liquidity Assistence (Ela), un provvedimento provvidenziale vista l’ondata di ritiri dai depositi bancari. Secondo JP Morgan in Grecia i deflussi dai depositi bancari dall’inizio del 2015 sono ammontati a 21 miliardi di euro. Ma l’Ela è soggetto a verifiche bisettimanali e non è risolutivo. Venerdì 14 veniva annunciata una contrazione dell’economia nel quarto trimestre del 2014, modesta ma pur sempre un’inversione di rotta dopo nove mesi di crescita.

Il governo Tsipras assicura di non avere bisogno urgente di denaro fresco. «Non vogliamo nuovi prestiti, ci serve tempo, non denaro per fare le riforme» ha detto il premier greco in una intervista al settimanale tedesco Stern. Ma un portavoce della Commissione commentava: «Temo che la liquidità a disposizione stia calando più velocemente del previsto».

Lunedì 16 febbraio doveva essere il giorno della risoluzione del conflitto. Ma la riunione dei ministri delle finanze dell’Eurozona finiva in una acerba contesa fra recriminazioni generali, e l’ennesimo rinvio della decisione. L’Unione offriva ai greci solo la possibile estensione del programma già esistente, a condizioni invariate; i greci respingevano questa possibilità che giudicavano «assurda e improponibile». Il tempo stringe, anche perché alcuni paesi – come la Germania, l’Olanda, la Finlandia e l’Estonia – devono chiedere il benestare parlamentare per approvare non solo nuovi memoranda ma anche possibili proroghe.

Si potrebbe pensare che la differenza fra le posizioni dei due contendenti sia minima, e puramente formale. Dopo tutto, che differenza ci può essere fra la proroga di un accordo preesistente con l’intesa che entro i prossimi sei mesi sarà rinegoziato consensualmente, e una stipulazione leggermente diversa ma pure soggetta a revisione consensuale entro i prossimi sei mesi?

La differenza tuttavia è immensa.

La proroga del Memorandum esistente comporterebbe l’accettazione non solo del principio generale dell’austerità, ma anche di nuove privatizzazioni a prezzi stracciati, e la revoca di misure già prese dal governo Tsipras, come quelle sulla riassunzione di impiegati statali, il salario minimo e le pensioni. Sarebbe una capitolazione da parte del governo greco che verrebbe a rinnegare i capisaldi della propria campagna elettorale.

Per i pessimi leader europei si tratta di stabilire chi comanda veramente. E crolli pure l’Europa, con tutti i Filistei.

Vediamo i dettagli della controversia.

Tsipras ha respinto la continuazione del programma concordato con la Troika dal suo predecessore, rinunciando all’aiuto di 7,2 miliardi che la Grecia dovrebbe ricevere alla fine di febbraio alla prima scadenza del programma. Tsipras chiede solo il rimborso di 1,9 miliardi di utili che la Bce ha ottenuto sui titoli greci nel suo portafoglio, e di negoziare un nuovo accordo prossimi sei mesi, mentre i pagamenti dovuti dalla Grecia e maturati nel frattempo saranno coperti con l’emissione di circa 10 miliardi di titoli del Tesoro a breve termine.

Il guaio è che la Grecia ha già raggiunto il limite massimo di 15 miliardi di indebitamento a breve termine imposto dalla Troika, e gli ulteriori 10 miliardi di obbligazioni dovrebbero essere specificamente autorizzati, ma non lo sono stati.

Wolfgang Schäuble ha dichiarato che «l’Europa non è nel business di concedere prestiti-ponte», ma i 10 miliardi non li dovrebbe fornire lui, sarebbero ottenuti – sia pure a un costo significativo, che i ritardi attuali fanno salire in continuazione – dai mercati finanziari.

C’è quindi una soluzione perfettamente fattibile per evitare le conseguenze potenzialmente catastrofiche che il conflitto tra la Grecia e la Troika altrimenti comporta: sollevare il limite massimo di 15 miliardi attualmente imposto al debito a breve termine della Grecia, in cambio della rinuncia agli aiuti altrimenti dovuti e stipulati nel Memorandum, rimandando a un nuovo accordo le questioni di privatizzazioni e revisione delle spese sociali.

Potremmo dire che la Troika, come Shylock – Il Mercante di Venezia, insiste nel pretendere la sua libbra di carne in pagamento del debito, mentre la Grecia è disposta a pagare una libbra della propria carne solo a condizione di non dover includervi anche il sangue. Il dramma shakespeariano è ancora in scena. Ma il finale è aperto.

(Una versione più ampia dell’articolo è disponibile sul sito www.sbilanciamoci.info)