La Grecia si ferma per protestare contro la decisione del governo Samaras di chiudere l’altroieri sera con un decreto legge immediato (un «colpo di stato» secondo le opposizioni) la radiotelevisione pubblica Ert, mentre le sedi occupate dell’ente pubblico dai quasi tremila tra giornalisti, tecnici e personale amministrativo sono diventate luoghi di pellegrinaggio di decine di migliaia di cittadini ad Atene, Salonicco, Parta, Irakleio e le altre città e isole che difendono l’informazione pubblica con una sola rivendicazione: le dimissioni del governo.

Molte delle persone che si trovano nelle sedi dell’Ert affermano che Samaras abbia acceso una «miccia» e insistono che diventerà un «nuovo Politecnico», alludendo alla rivolta del Politecnico di Atene che ha segnato l’inizio della fine della dittatura dei colonnelli. Dalle regioni periferiche si leva gran parte della protesta, perché da adesso intere zone del paese avranno solo un’informazione curata dai privati. Mentre la diaspora greca sembra la più combattiva sui social network. I sindacati di Gsee e Adedy, del settore privato e pubblico, e la quasi totalità degli altri sindacati hanno proclamato uno sciopero generale di solidarietà per oggi. Mentre non mancano le dimostrazioni di solidarietà con i manifestanti turchi di Taksim e arrivano quelle delle televisioni pubbliche europee.

La sede centrale dell’Ert nel quartiere di Agia Paraskeui nel nord di Atene si trova dalle prime ore del pomeriggio di martedì sotto «assedio» da parte di migliaia di persone. In un continuo via vai per difendere la sede occupata da un probabile colpo di mano della polizia di Samaras.

[do action=”citazione”]Decine di migliaia di cittadini fuori dalle redazioni: «Un colpo di stato»[/do]

Il Kke per prima volta ha deciso di stare insieme con le altre forze di sinistra offrendo il segnale della sua televisione «902» per ritrasmettere il segnale dell’Ert ma la società di trasmissione dei segnali Digea ha interrotto anche il segnale di «902», considerando l’intera operazione non legale. In una notte invece i banchieri, armatori e costruttori che controllano i grandi canali privati si sono trovati senza concorrenza. E senza aver mai pagato un euro per il diritto a usare le frequenze.

Il ministero delle Finanze, che ha assunto il controllo della Ert spa, la società sciolta per decreto, ha spento alla mezzanotte di martedì le antenne televisive e radiofoniche e ha cercato di offuscare anche i siti Internet dell’Ert, mentre il governo ha subito costituito un’altra società, la Nepit spa, che sarà privatizzata e avrà l’incarico di assumere il personale nuovo con stipendi più bassi, in numero sensibilmente minore (circa 400) e procedure assai poco trasparenti. I quasi tremila lavoratori dell’Ert infatti sono stati licenziati all’istante, prenderanno le loro liquidazioni e i più «fortunati» (o forse i meno «sindacalizzati») saranno assunti con concorso entro settembre. In altre parole, Samaras sembra voler applicare il «metodo Marchionne» lasciando fuori dalla nuova società i dipendenti «indesiderati».

La decisione unilaterale di Samaras di chiudere la radiotv ha scatenato l’ira dei suoi alleati di Pasok e Sinistra Democratica, ma sia Venizelos che Koubelis non hanno il coraggio di abbandonare la maggioranza. Un vertice serale non dovrebbe portare sorprese, non a caso Samaras minaccia il voto di fiducia in parlamento sul suo decreto.
Qualche tiepido imbarazzo invece in Europa. La troika afferma di non entrarci nulla ma i sindacati fanno notare che la richiesta di licenziare 2mila dipendenti pubblici entro l’anno coincide alla perfezione con il decreto di Samaras (altri 14mila licenziamenti andranno fatti entro la fine del 2014). Bruxelles si tiene in disparte ma in una nota «saluta l’impegno del governo greco a lanciare un organo di informazione che svolga l’importante ruolo di emittente pubblica e che sia finanziariamente sostenibile».

[do action=”quote” autore=”La commissione europea”]«Salutiamo l’impegno del governo greco a lanciare un organo di informazione che svolga l’importante ruolo di emittente pubblica e che sia finanziariamente sostenibile»[/do]

Da parte sua l’opposizione si è trovata unita a difendere la democrazia e la radiotelevisione pubblica, con le bandiere dei conservatori Greci Indipendenti di Kammenos e quelle di Syriza, di Pame, del Kke, dell’extraparlamentare Antarsya a sventolare fuori dalla sede di Ert. In parlamento i partiti di opposizione hanno cominciato un duro ostruzionismo per guadagnare tempo, con Syriza in prima fila per fermare la liquidazione della tv. Tsipras si è precipitato martedì pomeriggio da Salonicco direttamente nella sede dell’Ert, dove già si trovavano da ore l’anziano partigiano Manolis Glezos e decine di deputati di Syriza, per tornare negli studi della tv di stato alle tre di notte per ripetere senza se e senza ma che Syriza sarà al fianco della società greca. Ieri mattina Tsipras ha anche incontrato il presidente della Repubblica greca Papoulias, sottolineando a muso duro che non deve essere l’usciere della troika.

Probabilmente l’«arroganza» di Samaras deriva dalla sua vittoria contro gli insegnanti, i portuali e i lavoratori dei mezzi di trasporto di Atene. La chiusura della tv pubblica non è stata decisa per aggiustare i conti che non tornano. C’è la sensazione che senza tv le sinistre, Syriza in testa, non possano mobilitare più a Syntagma e nelle altre piazze centinaia di migliaia di cittadini e rappresentare una «minaccia» per il governo. Soprattutto se si dovesse andare al voto anticipato.