Oggi a Bruxelles il governo greco da un lato e la Commissione dall’altro dovrebbero scoprire nuove carte nel pericolo gioco di poker che contrappone Atene alla Ue, in occasione dell’incontro tra Jean-Claude Juncker e Alexis Tsipras (che vedrà anche François Hollande a Parigi). Prima del prevedibile scontro, quando Yanis Veroufakis, il ministro delle finanze greco, incontrerà a Berlino il rigido Wolfgang Schäuble (forse giovedi’, con una tappa anche a Francoforte alla Bce). Finora, Veroufakis ha giocato la carta anglosassone contro la Germania, incassando l’appoggio di Obama e l’approvazione della City di Londra (ieri i mercati hanno reagito al rialzo). Ma, nei fatti, la Grecia è al momento nelle mani della Bce e di Mario Draghi, che controlla la liquidità delle banche greche e ha il potere di chiudere i rubinetti: la Bce accetta dei titoli finanziari in garanzia da parte delle banche greche, che accedono anche alle liquidità d’emergenza (Ela), misure indispensabili per evitare la morte immediata per soffocamento (ci sono pochi soldi nelle banche greche, anche a causa della massiccia fuga di capitali dell’ultimo mese). Ma l’accettazione delle garanzie e l’Ela sono legati alla sottomissione da parte della Grecia al programma deciso dai creditori, ricorda la Bce. Esattamente quello che la Grecia non vuole più, rifiutando la “droga” della nuova tranche di 7 miliardi di cosiddetti “aiuti” in cambio del programma di austerità.

Per ammorbidire Bce e Bruxelles, il nuovo governo greco ha messo da parte la richiesta di annullamento di parte del debito. Varoufakis ha presentato (a Londra) un progetto di ristrutturazione del debito di 315 miliardi di euro (175% del pil). Si tratta di un montaggio di ingegneria finanziaria, costruito sul modello del Piano Brady – il piano concepito dagli Usa un quarto di secolo fa per sormontare il dramma del debito latino americano. Il debito attuale verrebbe mutato in nuovi “buoni”, con i pagamenti indicizzati sulla crescita del pil (per quanto riguarda i prestiti accordati dai partner europei, 190 miliardi), mentre alla Bce viene chiesto di trasformare le obbligazioni greche (27 miliardi) in obbligazioni “perpetue”, che cioè non dovranno mai essere rimborsate, ma produrranno interessi, e potrebbero cosi’ interessare investitori di lungo periodo (come i fondi pensione), a cui la Bce potrebbe rivenderle. Per rendere meno amara la pillola per i partner Ue, Atene promette la mano di ferro contro l’evasione fiscale. Non è detto che i partner accettino, visto che hanno già concesso l’allungamento dei tempi del rimborso dell’imponente debito greco e un abbassamento dei tassi di interesse (l’Efsf, il Fondo europeo di stabilità, che ha 142 miliardi di debito greco, ha concesso una media di 32 anni per il rimborso e un tasso più basso che per altri paesi). Atene avrebbe ottenuto la fine della trojka, che sarà sostituita da contatti diretti con le istituzioni dei creditori, cosa che permetterà di politicizzare la questione del debito. Ma l’ingegneria finanziaria non potrà essere la sola soluzione, in mancanza di un progetto di New Deal.