Stabilire in che stato sono le finanze greche, se il paese può tenere fino ad aprile, quando ci sarà il nuovo esame delle «riforme» per ottenere il versamento dell’ultima tranche (7,2 miliardi) del piano di aiuti di 130 miliardi, esteso di 4 mesi lo scorso 20 febbraio: a marzo scadono i rimborsi di circa 6 miliardi, tra cui 1,2 miliardi per l’Fmi, dopo i 310 milioni restituiti venerdì scorso (l’Fmi deve essere pagato, in caso contrario Atene andrà incontro a un Grexident, un incidente non voluto che la porterà al default e fuori dall’euro).

Controllare se il bilancio del paese è ancora in avanzo primario (escluso il servizio del debito), poiché le entrate fiscali potrebbero essere crollate del 17% l’ultimo mese.

Mettere a punto un programma di riforme che possa realisticamente venire applicato.

Sono questi gli obiettivi del «Brussels Group», il nuovo nome – e la nuova forma, più rispettosa delle posizioni della Grecia – della vecchia trojka, che da ieri ha ripreso le discussioni con Atene. Partecipa al tavolo anche il Mes, il Meccanismo di stabilità, che ultimamente ha versato alla Grecia 550 milioni, facendo intravvedere uno spiraglio di maggiore comprensione nel muro contro muro degli ultimi giorni tra Grecia e Eurogruppo.

La novità rispetto al passato della trojka è che il Brussels Group discuterà le riforme proposte dalla Grecia e non si limiterà a imporre il progetto fatto dai creditori. La Grecia avrebbe voluto una sequenza contraria – prima le decisioni politiche, poi il controllo da parte degli esperti – ma Bruxelles ha rifiutato.

L’esito di questo compromesso, con il primo incontro tra Grecia e creditori, che si svolge a Bruxelles e che durerà almeno due-tre giorni, resta estremamente incerto. L’Eurogruppo non si fida, «non si può decidere nulla se non abbiamo accesso ai conti», sostiene il presidente, Jeroen Dijsselbloem. I negoziatori potrebbero doversi recare ad Atene, per controllare più da vicino, anche se Tsipras vuole evitare questo incontro ravvicinato, considerato umiliante. L’obiettivo è «avanzare sui dettagli delle riforme», spiegano alla Commissione. «Il calendario dipenderà dai progressi fatti»: il versamento della tranche entro aprile è legato al giudizio sul ritmo e la qualità delle riforme.

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Venerdì, Tsipras sarà a Bruxelles, per incontrare Juncker, il presidente della Commissione.

La vigilia, il clima si è teso ancora di più, tra Grecia e Germania, a causa del dibattito nel parlamento greco sulle «riparazioni tedesche».

Tsipras ha ricordato che la Germania, «malgrado i crimini del Terzo Reich e delle orde hitleriane che hanno ridotto in cenere il mondo, malgrado i mali totalitari dell’Olocausto, ha beneficiato – a ragione – di una serie di sostegni, il più importante dei quali è stata la ristrutturazione del debito, con il trattato di Londra del ‘53». Tsipras rimanda al mittente l’argomento «morale» della Germania – bisogna rispettare gli impegni, pagare i debiti – e, lui che aveva rifiutato di giurare sulla Bibbia, cita persino il Vangelo, la pagliuzza nell’occhio dell’altro senza vedere la trave nel proprio (Matteo, 7-3).

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Per la Germania l’argomento è chiuso ma ieri il parlamento di Atene ha approvato all’unanimità il varo di una commissione sulle riparazioni ai danni della Seconda guerra mondiale.

Intanto, il ministro Varoufakis, dopo aver evocato la possibilità di un referendum sulle riforme, riparla di un «piano B»: soldi cinesi per far fronte alle scadenze immediate? Tsipras sarà in Cina a maggio (e poi è previsto anche un viaggio a Mosca).

Sul fronte opposto, la Bce sdrammatizza le conseguenze di un eventuale Grexit. Mario Draghi afferma che il quantitative easing «protegge l’eurozona dal contagio greco», la prova è che «assistiamo a nuovi cali di rendimenti sovrani in Portogallo e altri paesi».

Nelle istituzioni europee, però, due teorie si oppongono: la paura del «domino» (se cade la Grecia, i mercati si chiederanno: chi è il prossimo? e la fiducia nell’euro crollerebbe) e quella della «massicciata» (se la Grecia se ne va, verranno rafforzate le regole comuni e quindi l’euro). Ma, avverte l’esperto Jean Pisani-Ferry, commissario generale di France Stratégie, «non ci sarà una Grexit felice».

Intanto, martedì è stato dato il via libera al piano Juncker di 315 miliardi (Germania, Francia e Italia investiranno 8 miliardi ciascuno, la Spagna 1,5).