Europa

Grecia: “alleggerimento” del debito all’orizzonte

Grecia: “alleggerimento” del debito all’orizzonteLa presidente del Fmi Lagarde e il ministro delle finanze ellenico Tsakalotos – Lapresse - Reuters

Crisi d'Europa Primi effetti dell'ultimatum dell'Fmi agli europei: qualcosa si muove sul fronte del debito. "Trattamento equilibrato del debito perché la Grecia possa immaginare un avvenire che sia solo rimborso" per la Francia, mentre la Germania rifiuta un "haircut mascherato" ma apre all'allungamento della maturità. Ieri sera Eurogruppo, oggi decide (all'unanimità) il Consiglio: la Commissione propone un prestito-ponte di 7 miliardi su tre mesi, che sarà poi scalato dal montante del terzo piano. Riserve britanniche. Il parlamento francese approva a grande maggioranza l'accordo del 13 luglio, con grande confusione alla sinistra della sinistra. Venerdi' vota il Bundestag. Voto anche in Spagna

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 16 luglio 2015

Il pugno sul tavolo dell’Fmi comincia ad avere qualche effetto. Malgrado le grandi ambiguità dell’istituzione di Washington, che oscilla tra la voglia di uscire dal pantano greco e quella di evitare a tutti i costi di perdere dei soldi.

L’ultimatum posto ai creditori europei perché decidano un «alleggerimento» del debito greco «assolutamente non sostenibile» come «condizione» per una partecipazione al terzo piano di aiuti, ha raccolto ieri le prime risposte favorevoli, anche se questo punto è solo evocato con molta prudenza nel documento dell’accordo di Bruxelles del 13 luglio scorso.

Il primo ministro francese Manuel Valls ha affermato che «un trattamento equilibrato del debito è vitale per la Grecia, perché possa immaginare un avvenire che non si limiti solo al rimborso». Valls ha sottolineato che «l’Eurogruppo riflette su misure che permettano alla Grecia di ritrovare ossigeno e garantire la sostenibilità del debito che oggi tocca il 180% della ricchezza del paese».

La Germania, che continua chiaramente a non voler sentir parlare di alleggerimento («un haircut mascherato»), ritiene però, secondo il portavoce del ministro delle Finanze Schäuble, che è possibile prendere in considerazione un allungamento della maturità del debito (oggi la media è di 16 anni, l’Fmi chiede 30 anni). Valls aggiunge un’ulteriore riduzione dei tassi di interesse.

Il ministro dell’Economia, Emanuel Macron, è appena più prudente: «a breve» sarà difficile trovare un accordo per la ristrutturazione del debito, a causa delle divergenze tra i partner. Ma «siamo riusciti a mettere la questione del debito sul tavolo, un passo avanti rispetto all’inizio delle discussioni».

Il ministro delle Finanze lussemburghese Gramegna, invece (il granducato è presidente di turno dell’Ue), si spinge fino a parlare di hair-cut ma in cambio di un «pacchetto di riforme» da parte della Grecia.

All’ultimatum dell’Fmi agli europei ha fatto seguito l’allarme di Janet Yellen, presidente della Federal Reserve americana, sui «rischi» che fa correre la crisi greca all’economia Usa.

Il segretario al tesoro Usa, Jack Lew, in queste ore sta facendo il giro d’Europa, da Francoforte a Parigi passando per Berlino, per cercare di convincere i creditori a evitare di strozzare Atene, nell’interesse della finanza internazionale. Ieri ha visto Draghi e oggi, dopo il voto greco, vedrà Schäuble a Berlino per poi incontrare Sapin a Parigi.

Già ieri sera l’Eurogruppo doveva approvare un prestito-ponte alla Grecia, per evitare il default lunedì 20 luglio, quando scade il rimborso di 3,5 miliardi alla Bce (mentre restano da pagare circa 2 miliardi di arretrati all’Fmi, dopo i due ritardi, il 30 giugno e il 13 luglio), in attesa dell’eventuale terzo piano di aiuti intorno agli 82-86 miliardi, non prima di 3 settimane.

La proposta sarà presentata oggi al Consiglio, dove ci vuole l’unanimità. La Commissione propone un finanziamento di emergenza di 7 miliardi di euro, su tre mesi, attraverso il Mesf, un fondo di soccorso creato nel 2010, che ha ancora 13,2 miliardi in cassa. Poi il pacchetto sarà trasferito al Mes, il Meccanismo di stabilità. Ma alcuni paesi, a cominciare da Gran Bretagna e Repubblica ceca, hanno forti riserve, perché temono un non rimborso (Londra: «i soldi dei contribuenti non saranno messi a disposizione dei greci», mentre però è più possibilista sull’alleggerimento del debito).

La Commissione studia delle garanzie per i paesi non-euro, per esempio utilizzare i proventi degli interessi su obbligazioni sovrane greche (1,85 miliardi di profitti del 2014). I 7 miliardi saranno poi dedotti dal totale del futuro finanziamento del Mes. Anche la Germania, secondo indiscrezioni, avrebbe chiesto del collaterale a garanzia del prestito-ponte, per esempio i fondi strutturali di Atene.

Ben 8 paesi voteranno sull’accordo di lunedì con la Grecia. Ha iniziato ieri la Francia, dove all’Assemblea è stato approvato con 412 voti contro 69 (grande maggioranza anche al Senato). Il voto non era obbligatorio e si è concluso perfino diverse ore prima dei diretti interessati ad Atene. Ha messo in luce le contraddizioni dei vari schieramenti politici, in particolare a sinistra della sinistra. «Votare contro è votare contro Tsipras che ha lottato così tanto, votare a favore significa approvare la colonizzazione della Grecia», ha riassunto l’imbarazzo di molti la deputata Verde Esther Benbassa. Il Ps ha votato in massa a favore (una defezione nella Fronda), la destra de I Repubblicani ha perso l’ala più estrema (Droite Populaire) che ha votato contro, il Fronte de Gauche è caduto in stato confusionale: aveva approvato l’accordo perché negoziato «con la pistola sulla tempia» ma poi ha votato contro, mentre i Verdi si sono divisi tra approvazione e astensione.

Mettere i voti della sinistra della sinistra contro Tsipras può essere l’obiettivo anche di Mariano Rajoy, che ieri ha annunciato un voto anche in Spagna (anche qui non obbligatorio).

Domani invece vota il Bundestag. Per il gruppo Cdu-Csu, «la cancelliera e il ministro delle Finanze hanno raggiunto un risultato convincente». L’Spd voterà a favore e critica Schäuble, «un grande errore proporre un Grexit» temporaneo. Mentre Die Linke dovrebbe opporsi (vedi il manifesto di ieri).

Più difficile il voto in Finlandia, dove l’accordo potrebbe non passare, senza mettere però a rischio il terzo piano. Nel Mes non c’è diritto di veto, ma ci vuole l’approvazione all’85% di chi controlla il capitale (Helsinki pesa l’1,78%).

 

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