Ieri sera la troika ha voluto dal parlamento greco direttamente carne umana. Non gli basta più la cancellazione dei diritti sociali ed economici. La parola d’ordine è il licenziamento in massa nel settore pubblico.

Il premier Samaras deve licenziare 12.500 statali fino alla fine dell’anno, di cui 2656 impiegati della televisione pubblica Ert, tra giornalisti, tecnici e personale amministrativo; 2.200 guardiani delle scuole, 2.500 insegnanti delle scuole medie professionali. Nessuno può prevedere quanti dei 3.600 poliziotti municipali avranno i loro posti di lavoro durante il loro trasferimento alla polizia di stato Elas.

Samaras e Venizelos hanno un’esigua ma compattissima maggioranza di 155 su 300 deputati. Sanno di non correre il rischio di perdere voti e non concederanno all’opposizione di Syriza una caduta del governo. Angela Merkel ha mostrato ieri la sua benevolenza preelettorale a Samaras permettendogli di diminuire l’Iva nel settore di ristoro al 13% dal 23%, pero solo fino agli inizi di dicembre, guadagnando gli applausi del provato settore turistico del paese.

La rabbia nel paese è enorme, ma le mobilitazioni non sono all’altezza della sfida. La partecipazione contenuta delle manifestazioni non ha ammorbidito il governo di Samaras, che ha proibito oggi ogni manifestazione a causa della visita del ministro dell’Economia Wolfgang Schaeuble, la persona più odiata dopo Merkel da quasi la totalità dei greci. Intanto l’opposizione greca si illude di ottenere dal ministro della Grecia i danni della guerra e del prestito obbligatorio che era costretto di concedere il paese occupato ai nazi di Berlino. Sono 108,43 miliardi di euro, senza di interessi, sostiene Manolis Glezos, l’eroe della resistenza greca ed europea.

Negli ultimi giorni Atene, Salonicco e le grandi città sono diventate il teatro di decine di cortei, dai poliziotti municipali e dei guardiani delle scuole fino agli insegnanti delle medie e i vigili del fuoco. Gsee e Adedy, i sindacati unitari del settore privato e pubblico, hanno proclamato uno sciopero generale e diverse mobilitazioni, insieme con quasi la totalità dei sindacati esistenti.

Diecine di migliaia di ateniesi hanno fatto martedì una marcia sotto il sole rovente per arrivare di fronte al parlamento. Alcuni sono rimasti tutta la notte nelle tende piantate in piazza Syntagmadove si è svolto un maxi concerto.

Di fronte alla sede centrale di Nuova Democrazia Dora Mpakogianni-Mitsotaki, l’ex sindaco di Atene, ha elogiato i manifestanti della polizia municipale di Atene. «Conosco molto bene il vostro lavoro. Io ho assunto la maggior parte di voi» ha detto la Mpakogianni-Mitsotaki, mentre suo fratello e nuovo ministro della Riforma Amministrativa Kyriakos Mitsotakis cerca di licenziarne la maggior parte.

Ieri in migliaia sono rimasti fuori dal parlamento fino alla votazione del «Mini Memorandum» del massacro dei statali. Si tratta di un’intesa preliminare tra le forze di maggioranza per vincolarle al voto sugli statali che si è tenuta ieri notte, necessario per ottenere dalla Troika la nuova tranche del finanziamento da 6,8 miliardi di euro. In questa sede il governo è stato costretto a ritirare una serie di emendamenti tra i quali ci sono le azioni disciplinari contro i sindaci che sforano il patto di Stabilità- Alexis Tsipras e il suo Syriza hanno fatto una dura battaglia insieme ai comunisti di KKE e ai conservatori dei Greci Indipendenti. «Tra il Memorandum e la democrazia noi rispondiamo a favore della democrazia con un governo di sinistra – ha detto nel suo intervento Tsipras – Voi avete trovato i nomi e gli indirizzi del condannati a morte, ma dovrete trovare il coraggio di rispondere a uno dei questi che volete licenziare dicendogli ti licenziamo per salvare il paese, perche tu saresti responsabile per il disastro del paese».

La Grecia resterà a lungo il laboratorio delle politiche neoliberali che hanno messo in ginocchio tutti i paesi dell’Europa del Sud, Ha fatto la cavia da laboratorio per una serie di politiche dell’austerità che sono votare ieri ad Atene saranno applicate presto anche negli altri paesi indebitati.