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Graziella, una voce dal Tavolo sulla Salute

Graziella, una voce dal Tavolo sulla SaluteLa manifestazione delle donne il 26 novembre – La Presse

Non una di meno Verso lo sciopero globale delle donne

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 13 febbraio 2017

All’assemblea di Bologna, nella quale 2.000 partecipanti hanno fatto il punto sullo sciopero globale dell’8 marzo, abbiamo incontrato Graziella Bastelli. Storica compagna del Policlinico romano, Graziella ha partecipato al tavolo sul Diritto alla salute sessuale e riproduttiva. Gli altri tavoli tematici, su cui si discute dal 27 novembre e che daranno corpo alle iniziative dell’8, sono: Piano legislativo e giuridico; Lavoro e Welfare; Educazione alle differenze, all’affettività e alla sessualità: la formazione come strumento di prevenzione e contrasto alla violenza di genere; Femminismo migrante; Sessismo nei movimenti; Narrazione della violenza attraverso i media; Percorsi di fuoriuscita dalla violenza.

Bastelli, prima nell’Autonomia operaia, poi nei Cobas Sanità, oggi nella rete Io Decido: un lungo percorso di lotta, e sempre come femminista…
Mai come separatista, però. Perché anche negli anni ’70, quando abbiamo occupato il Repartino per l’interruzione volontaria di gravidanza come collettivo di lavoratori e studenti del Policlinico eravamo sia donne che uomini (ci aiutavano a fare le pulizie). Abbiamo coinvolto delle compagne femministe per attuare il metodo Karman con l’aspirazione invece del reschiamento e un ginecologo compagno che ha fatto le prime accettazioni delle donne che dovevano abortire. Era stata approvata da tre giorni la legge 194. Il repartino lo abbiamo occupato per 4 mesi. Durante quel periodo ci hanno buttato fuori tre volte, finché ci hanno messo la polizia per un anno per non farci ritornare. E’ stata la prima applicazione della 194 con una gestione femminista non solo del IVG ma anche della sala parto, facevamo assemblee con i collettivi femministi per la contraccezione, con le donne che erano state utenti, alcune si trasformavano in operatrici e molte di noi che eravamo dipendenti del Policlinico, dopo i turni di lavoro, facevamo attività nel Repartino. Il nostro slogan era: “Vogliamo l’aborto per non abortire più”.

E oggi, qual è la situazione?
Oggi è tragico vedere che, sia i repartini per l’interruzione di gravidanza, sia i consultori, siano diventati organismi istituzionali in cui le donne e i loro bisogni non contano più, che i servizi vengano disattivati per i tagli al personale, oppure chiusi, comunque svuotati di significato dalla definizione “consultori familiari”. E che la 194, frutto di grandi lotte e sacrifici, sia stata progressivamente svilita da tante mediazioni con l’introduzione dei cosiddetti obiettori di coscienza. Alcuni repartini di gravidanza non sono mai stati aperti, altri sono stati sviliti totalmente. In tutta la grande Ostetricia e ginecologia del Policlinico, fondamentale non solo per l’assistenza, ma anche per la didattica e la ricerca universitaria, si è arrivati ad avere un solo medico non obiettore, finendo per fare solo cinque o sei interventi a settimana. Sono stati tagliati i posti letti, praticamente non esistono reparti per puerpere, i parti si fanno sulle barelle o sulle sedie e questa è violenza..ostetrica. La mobilitazione della marea ha rimesso in campo tutto questo. Il movimento delle donne, che ha fatto irruzione con la manifestazione del 26, è cominciato anche prima. Per esempio, al Repartino, abbiamo cominciato con Io decido un anno prima: con la collaborazione del Cobas abbiamo organizzato cortei, quando l’unico medico non obiettore è andato in pensione, siamo riuscite a ottenere un contratto – purtroppo solo Cococo – per una dottoressa e un altro medico, che però dovendo lavorare anche in ambulatorio ha ridotto il servizio. La salute abbraccia tutti gli aspetti della vita e la donna, nella sua complessità, si muove con la sua sensibilità a 360°: dalla maternità come scelta, al diritto al benessere, al piacere, al diritto a non ammalarsi e a non dover agire solo per l’emergenza. Bisogna pensare ai consultori come luoghi politici, controllati dalle donne e da tutte le soggettività che ne usufruiscono sui territori, alla rimessa in campo di un ascolto empatico fra chi riceve e chi presta un servizio, senza carichi di lavoro disumani, precariato e esternalizzazione. Al tavolo sulla salute sessuale e riproduttiva abbiamo parlato anche del Codice rosa, che scatta automaticamente quando una donna vittima di violenza arriva al Pronto soccorso e che attiva il percorso di denuncia mentre magari ha il marito vicino che controlla quello che dice. Occorre personale formato al rispetto/conoscenza delle differenze e a una visione della donna nella sua complessità di bisogni. La violenza di genere ha un apice nei femminicidi, ma va avanti in tante altre forme: dal bisogno di salario, ai ricatti e precarietà sul lavoro; dal problema delle differenze salariali, alle donne brutte copie di uomini nella politica, alla rappresentazione/racconto di un femminile come vittima o puttana. Noi abbiamo questa grossa ambizione: voliamo alto, questo lo possiamo dire, e vogliamo sperimentarci con tutto questo. Non ci basta più essere marea, siamo uragano. Con questo gli uomini devono misurarsi, la trasformazione va fatta anche con loro.

Non una di meno ha chiesto ai sindacati di aderire. Che risposta c’è stata?
Alcuni sindacati, come i Cobas, hanno aderito subito, dando copertura legale a chi vuole scioperare, offrendosi così di essere strumento della complessità della nostra lotta. Non è stata una passeggiata, ma il frutto della battaglia che ognuna di noi ha portato avanti nel sindacato. Il problema è sorto per via dello sciopero di categoria, indetto per il 17 marzo dai sindacati della scuola, che hanno mantenuto la data mentre la richiesta del movimento era quella di far convogliare tutto verso l’8. Non possiamo pensare che, dopo millenni di sottomissione, basti scoccare le dita perché tutto quel che denunciamo e subiamo sparisca per incanto. E’ una battaglia continua che bisogna proseguire ovunque…pure nei sindacati. E devono portarla avanti anche le donne della Cgil rispetto alla decisione del sindacato di indire un’assemblea sul posto di lavoro invece dello sciopero globale dell’otto marzo. Dopo l’8, ci conteremo, il percorso non si ferma..anzi è un divenire.

Siamo realiste, chiediamo l’impossibile”, come si diceva un tempo? Non una di meno lascia intravvedere un respiro globale, capace di superare i gerghi, le gabbie, le piccole rendite di posizione…
Per chi, come noi, ha fatto altri percorsi e ha creato ugualmente dei rapporti di forza, determinando anche dei cambiamenti,che sono stati progressivamente rosicchiati, si tratta di un nuovo femminismo, che invita a saper rispondere e ascoltare le diversità o meglio le tante soggettività che le nuove generazioni stanno ponendo. La consegna che possiamo passare alle giovani è che non bisogna mai dare niente per scontato (cosa che noi abbiamo fatto non mantenendo per esempio le assemblee delle donne nei consultori) e che sarebbe da miopi riproporre quel che è stato fatto prima: per esempio, allora avevamo bisogno di uno spazio autonomo per trovare forza, oggi invece i cortei, i tavoli aperti sono una cosa che va fatta, una ricchezza energetica perché il coinvolgimento degli uomini dev’essere più diretto. Oggi le violenze esercitate sulle donne sono inimmaginabili perché sempre più brutali, ma denotano contraddizioni e debolezza del patriarcato e un ruolo sempre più indefinito degli uomini per imporre possesso e potere. Questo è il significato nel dover coinvolgere chi non vuole essere più complice attivo o passivo in tutte le forme di violenza, strumento di inclusione/esclusione anche in ciò che sembrano essere cambiamenti e che vuole entrare in un processo di trasformazione per stravolgere insieme sia l’agito/vissuto quotidiano che la complessità di vita. La continuità è in questa voglia di sconvolgimento totale, nella fantasia, nella creatività, nelle emozioni, nella rabbia che riusciamo a esprimere e a condividere collettivamente in mobilitazioni, lotte, discussioni, confronti con una programmazione e continuità dei percorsi e degli obiettivi da raggiungere. Mi sento arricchita da questo nuovo movimento e per questo mi ci butto con passione e piacere, cercando di usare l’esperienza come un elemento che apporta energie, e non esclude. Questo è un movimento che invita a smetterla con la logica della separazione presente anche nei sindacati e partitini che riescono a scindersi anche quando sono in dieci. Cogliere questa novità significa una potenzialità e una scommessa: quella di volare alto, com’è bello e inevitabile che sia.

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