«Approveremo la riforma. I numeri ci saranno», assicura Luca Lotti, alter ego del premier. «La soluzione è vicina: un accordo si può trovare», duetta Maria Elena Boschi, ministra di fiducia dello stesso. La tolda di comando renziana ostenta una sicurezza che non ha. «La realtà – confessa un funzionario del Pd tra i più esperti in giochi parlamentari – è che le difficoltà sono maggiori del previsto».
La difficoltà “prevista” è la resistenza della minoranza Pd. Non ha colto nessuno di sorpresa, ma la dissidenza si sta rivelando più determinata e numerosa che in altre occasione. Il “tavolo” che dovrebbe portare all’accordo dato per imminente dalla Boschi è nel pantano. Tutto bene finché si discute delle competenze del Senato, ma quando si arriva all’eleggibilità dei senatori, il famoso art.2, il muro contro muro non mostra spiragli. Per la minoranza se non si riapre la partita su quel fronte, ogni strada è preclusa. «Per me sarebbe impossibile votare un pasticcio», taglia corto Vannino Chiti. Per la maggioranza vale l’opposto. «Se il punto resta quell’articolo non ci incontreremo mai», replica il capo dei deputati Ettore Rosato. Da dove tragga motivi di ottimismo Maria Elena Boschi è un mistero. «Siamo pronti a rivolgerci ad altre forze politiche pur di approvare la riforma», minaccia Lotti. Ma è una pistola scarica. La sola “altra forza politica” disponibile è la pattuglia di Verdini, nata apposta per votare la riforma e alla quale Renzi si è già rivolto da un pezzo.

La difficoltà “prevista” ma solo a metà invece si chiama Piero Grasso. È stata proprio la Boschi a ricordare ieri che spetterà a lui la decisione sull’emendabilità del famigerato articolo. «Mi fa piacere che qualcuno convenga su questo punto», replica il diretto interessato. «Al momento – prosegue – non sono investito da nessuna questione, dato che il ddl è in commissione. In aula deciderò io». Con la dovuta discrezione, però, il secondo cittadino della Repubblica fa trapelare tutto il suo disagio. La questione è politica e spetterebbe alla politica risolverla trovando un accordo: questo è il suo ragionamento. Se non ne sarà capace, scioglierà lui il nodo, ma senza nascondere di essere fortemente contrariato. Con una simile disposizione d’animo una vera certezza sulla sua scelta non può esserci. I renziani considerano probabile che chiuda le porte all’emendabilità dell’articolo della discordia. Ma “probabile” non “significa” sicuro.

La difficoltà del tutto imprevista è la ribellione dell’Ncd, o meglio della sua parte meno disposta ad allearsi stabilmente con il Pd. «La fronda nell’Ncd non è un nostro problema», mente senza pudore Lotti. Come se la mancanza di voti determinanti per approvare la riforma voluta dal governo e dal Pd potesse non riguardare quel governo e quel partito. Le grandi manovre sono in corso: parlare di suq sarebbe riduttivo. Renzi promette ad Alfano il siciliano posti nella giunta Crocetta. Verdini il volpone tenta uno per uno i senatori scontenti promettendo mari, monti e posti al governo purché passino con la sua compagnia di ventura. Ma le sirene della casa madre azzurra sono per molti più allettanti. «Siamo usciti allo scoperto in tre – avverte Roberto Formigoni – ma siamo in 10-12 più altri colleghi di Area popolare». Facile che esageri, ma almeno sei senatori Ncd sarebbero davvero già pronti a fucilare la riforma. Con i numeri del Senato non sono pochi.

L’ultima difficoltà “imprevista” dimora ad Arcore. «Ho constato la totale indisponibilità del Pd. Ritengo chiusa ogni possibilità di contatto». Il pollice verso di Fi era dato per scontato in partenza, ma il governo contava, e ancora ci spera, su un nutrito numero di senatori azzurri pronti ad abbandonare l’aula per facilitare la vittoria di Renzi e allontanare il rischio del voto anticipato. Ma per una mossa del genere è necessaria l’inconfessata quanto attiva complicità dell’ex socio del Nazareno. Invece, almeno per ora, Berlusconi pare deciso a bocciare l’allievo fiorentino senza ricorrere al sostegno mascherato dell’uscita dall’aula. Tutto ciò non significa affatto che per Renzi la partita sia già persa. Ma di certo non è neppure già vinta.