E in un «vedremo» e in uno slittamento di date la conferma che la riforma costituzionale sarà corretta. Matteo Renzi ne parla agli ambasciatori italiani riuniti alla Farnesina, qualcuno tra loro ha ancora appuntato il calendario che il presidente del Consiglio aveva dettato a inizio mese direttamente da Berlino: passaggio della riforma al senato entro l’estate, referendum confermativo a giugno 2016. Non è più così, nemmeno per chi aveva voluto crederci. «Entro il 15 ottobre la riforma costituzionale sarà approvata al senato, vedremo se sarà lettura definitiva o ci vorrà un nuovo voto alla camera», dice adesso Renzi, che non rinuncia all’abitudine di dettare i tempi al parlamento. I suoi ultimatum slittano, lui non perde sicurezza: «Il referendum confermativo ci sarà a giugno 2016, o a ottobre».

Dovrebbe andargli bene perché sia a ottobre; la legge del 1970 che regola il referendum prevede un tempo tecnico di sei/sette mesi dall’approvazione in parlamento della revisione costituzionale. Dunque l’intero percorso dovrebbe concludersi entro marzo. Non facile. Il passaggio al senato dopo l’estate sarà decisivo.
Una parte consistente della minoranza del Pd – circa 25 senatori – chiede da tempo che si torni al senato elettivo. Un doppio voto conforme di senato e camera (imposto allora da Renzi) sembrerebbe escluderlo, e soprattutto il capo del governo può sostituire i dissidenti contando sull’appoggio coperto di Forza Italia e scoperto dei fuoriusciti di Verdini. Nell’ultimo mese, però, le voci in favore di una correzione della riforma si sono moltiplicate, ancora ieri diversi costituzionalisti sentiti dalla commissione affari costituzionali hanno spiegato che mantenere il senato elettivo non è in contraddizione con il superamento del bicameralismo paritario. E che la camera alta così come sta venendo fuori è un organo «squilibrato» (Barbieri) «ad uso e consumo del governo» (De Fiores) composto da senatori «irresponsabili» (Niccolai) per il quale non è giusto neanche parlare di elezione di secondo grado (Pace), popolato in sostanza di «sfigati» (questo l’ha detto Calderoli). La novità è che il presidente del senato ora lascia intendere che c’è uno spazio per superare il limite del regolamento e aprire alle modifiche anche l’articolo che disciplina la composizione del nuovo senato.

«La composizione del nuovo senato è un tema senza dubbio delicato, le prossime settimane possono essere utilizzate in modo proficuo per raggiungere un accordo politico», ha detto Pietro Grasso nel corso della cerimonia del Ventaglio. La seconda carica dello stato si era già sbilanciata in favore del mantenimento del senato elettivo, adesso fa capire che in caso di intesa tra i partiti anche il vincolo regolamentare – che esclude la modifica degli articoli già approvati dalle due camere in un testo identico – può essere superato. Una forzatura, ma questo è pur sempre il senato dei «canguri», con i quali si è stroncato l’ostruzionismo sulla riforma costituzionale, e dell’emendamento Esposito (il neo assessore romano), che ha blindato la nuova legge elettorale.

Tanto più che nel testo arrivato in senato dalla camera c’è un «baco», cioè «si palesa una possibile contraddizione che riguarda la durata del mandato dei senatori sindaci che potrebbero mantenere il ruolo di senatori senza più esercitare le funzioni di governo locale, per tutto il tempo della consiliatura che li ha eletti», ha aggiunto Grasso. Si tratta della nota questione del nuovo articolo 57 della Costituzione, che ora prevede che la durata del mandato dei senatori coincida con la durata del consiglio regionale, diversificando così ulteriormente la fauna dei senatori: oltre ai consiglieri regionali, ai nominati direttamente dal presiedente della Repubblica per «alti meriti» e ai sindaci, a palazzo Madama siederanno anche gli ex sindaci. Questa «contraddizione» – che non è «possibile» ma certa – per Grasso «va comunque risolta». Il che significa che l’articolo 2 della legge di revisione andrà riaperto, e sarà a quel punto difficile farlo solo per gli emendamenti sul caso dei sindaci e non per tutti quelli che cercheranno di reintrodurre l’elezione diretta. In ogni caso Grasso, al quale spetta l’ultima parola sull’ammissibilità delle proposte di modifica, avrà modo di rifletterci durante la pausa di agosto: la riforma entrerà nel vivo alla ripresa. E dopo il senato dovrà tornare alla camera. Facendo i conti con la «pausa di riflessione» prevista dall’articolo 138 (tre mesi) e con il fatto che tra novembre e dicembre le camere sono monopolizzate dalla sessione di bilancio, anche l’ultimo appuntamento di Renzi, «referendum a ottobre 2016», appare ottimista.