Per la Volkswagen le cattive notizie sono diventate come le ciliegie, una tira l’altra. Solo nelle ultime 24 ore la procura di Parigi ha aperto una indagine preliminare per truffa aggravata sullo scandalo dei motori diesel truccati, mentre la Svizzera ha bloccato le immatricolazioni dei modelli Euro 5 dei marchi Audi, Seat, Skoda e Volkswagen, fabbricati tra il 2009 e il 2014 ed equipaggiati con motori diesel 1.2 TDI, 1.6 TDI e 2.0 TDI. In Italia si muovono l’Antitrust e la procura di Torino: quest’ultima ha aperto una indagine preliminare per frode in commercio e disastro ambientale, mentre l’autorità garante ha avviato un procedimento istruttorio per verificare una eventuale pratica commerciale scorretta da parte del gruppo Volkswagen.
Intanto si muovono anche le autorità d’oltreoceano. Il Financial Times ha anticipato la notizia che l’Agenzia per la protezione ambientale statunitense (Epa) ha deciso di ampliare l’indagine in corso ad altre case automobilistiche. Si tratta di Bmw, Chrysler Fca, General Motors, Land Rover e Mercedes Benz. I test per verificare il rispetto delle norme saranno inizialmente condotti su 28 modelli con motori diesel. Fra questi la Bmw X3, il Grand Cherokee di Chrysler Fca, la Chevrolet Colorado di General Motors, il Range Rover TDV6 e la E250 BlueTec della Mercedes.
I test dell’Epa saranno condotti su un’auto usata di ogni modello. In caso di sospetti si avvierebbe una indagine più a tappeto. Le auto usate saranno di società di autonoleggio, o prese in prestito da proprietari identificati in base ai dati sulle immatricolazioni. Con una lettera inviata nei giorni scorsi ai costruttori, l’Epa aveva avvertito che sarebbero stati rafforzati i controlli sulle emissioni. E’ l’effetto diretto delle 482mila auto del gruppo Volkswagen che circolano negli Stati Uniti con motori diesel equipaggiati con software in grado di identificare quando la vettura è sottoposta a un test di laboratorio, e di cambiare modalità per ridurre le emissioni. Una volta su strada i controlli vengono di nuovo modificati automaticamente, e le auto emettono ossidi di azoto molte volte superiori ai livelli consentiti.
I cicli di omologazione americani sono più restrittivi di quelli europei sulle emissioni degli ossidi di azoto, che sono alla base dell’ozono e di tutta una serie di problemi da inquinamento, fra i quali il particolato secondario, con effetti negativi diretti su tutto l’apparato respiratorio. Purtroppo nel vecchio continente i tentativi dell’Unione europea di rendere più stringenti le norme sull’inquinamento si schiantano, da anni, contro il muro eretto da numerosi paesi membri. Con mattoni e cemento forniti dalle case costruttrici.
In parallelo alla verifica se le violazioni delle norme antismog siano una pratica diffusa nell’industria automobilistica, il Congresso Usa ha convocato per l’8 ottobre Michel Horn, direttore di Volkswagen America. Horn sarà ascoltato dalla commissione per l’energia e il commercio della Camera. I parlamentari Usa ascolteranno anche i rappresentanti dell’Epa, che nell’occasione potrebbero fornire ulteriori novità sul caso.
Le auto con motore diesel rappresentano una piccola quota del mercato statunitense dell’auto. Al contrario, la loro diffusione in Europa è ben più marcata. E’ la Germania, con 2,8 milioni di vetture coinvolte, il paese con la quota maggiore di veicoli del gruppo Volkswagen dotati di quello che è stato già ribattezzato “software civetta”. Ma l’elenco dei paesi dove sono state vendute le 11 milioni di unità diesel coinvolte nel caso è lungo, e vede in prima fila la Gran Bretagna (1,2 milioni), seguita da Francia (950mila), Spagna (680mila), Italia (650mila), Belgio (500mila), Austria (363mila) e Svezia (225mila).
Entro una settimana la compagnia tedesca intende presentare i dettagli del piano per riadattare tutte le auto diesel con il software civetta. Nel frattempo però né i clienti della casa tedesca, né i concessionari hanno ricevuto informazioni. Intanto il titolo Volkswagen continua a scendere, ieri ha perso un altro 4,6% a Francoforte, toccando il nuovo minimo (91,60 dollari ad azione) da quattro anni a questa parte.