I sette morti della tragedia di Genova gelano Venezia. L’incidente della Jolly Nero potrebbe ripetersi anche in Laguna. «A Venezia sia la legalità che la democrazia sono sospese». Parole dure di Gianfranco Bettin, assessore all’Ambiente del Comune lagunare, che ha reagito con voce grossa «al tragico incidente di Genova che ha riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica, la questione delle grandi navi».

Venezia non ha «la sovranità politica» per fermare quel male temuto, lo schianto, che accadrebbe proprio nel cuore del centro storico. L’amministrazione locale, infatti, non ha competenza sul Bacino di San Marco e sul Canale della Giudecca. Sono, quelli, i due celebri punti dove sfilano i giganti del mare. La loro competenza spetta all’Autorità Portuale e alla Capitaneria di Porto, che in ultimo fanno riferimento al ministero delle Infrastrutture. E le navi da crociera, anche dopo l’incidente del Giglio, e spesso di stazza superiore alle 40.594 tonnellate della Jolly Nero, continuano a sfilare a qualche centinaio di metri da Punta della Dogana, dall’Isola di San Giorgio e da Piazza San Marco.

Alberghi galleggianti di 50 mila tonnellate passano davanti a 20 milioni di turisti l’anno che le guardano con il naso all’insù. Navigano davanti ai meno di 58 mila abitanti di Venezia, che in gran parte si sono uniti nel comitato «No Grandi Navi». Agganciati a due rimorchiatori, a differenza di quanto accade per le navi commerciali di Genova, sottolinea l’Autorità portuale di Venezia, i giganti del mare solcano le acque della città, superando in altezza i tetti, e in larghezza Palazzo Ducale. E l’errore umano, qui, sarebbe fatale.

Di certo anche al di là l’inquinamento effettivo liberato e che i veneziani hanno documentato con nutriti dossier. I giganti percorrono parte dal Canale della Giudecca, si liberano nel Bacino di San Marco e si portano alle bocche di porto finché escono dalla Laguna. È uno spettacolo mozzafiato che si ripete un migliaio di volte l’anno. Nel 2012 nel cuore della città sono passati 663 giganti del mare, nove volte in più del 2011. E il loro numero, anche quest’anno, è destinato a crescere.

Così appresa la tragedia di Genova, ieri il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, è stato ricevuto a Roma dal ministro alle Infrastrutture, Maurizio Lupi. E ha sollecitato l’intervento del premier Letta, affinché riunisca il Comitato decisionale che a partire dalla Legge Speciale per Venezia del 1975, ha l’ultima parola in merito alla questione. «Dal ministro», ha commentato Orsoni, «ho ricevuto assicurazioni sul fatto che il governo affronti la questione delle competenze nell’ambito lagunare mettendo il Comune di Venezia nelle condizioni di poter decidere della tutela del proprio territorio».

Lo scoglio delle competenze può essere arginato da un tavolo tecnico, concertato tra competenze ministeriali ed enti locali, che approvi una soluzione alternativa per fra transitare i giganti del mare fuori dalla città. «Il problema – ha aggiunto il sindaco – non è oltremodo rinviabile». Sollecitato dal naufragio del Giglio, nel marzo del 2012 il governo Monti aveva prodotto il decreto Passera-Clini al fine di dirottare il percorso delle navi con stazza superiore alle 40 mila tonnellate fuori dal centro storico. Ma il cosiddetto «Decreto rotte», passato un anno, è rimasto fermo. Perché possa diventare effettivo deve essere studiato un percorso «alternativo» per il transito delle navi fuori dal centro storico. Il che ha richiesto una posizione di mediazione che il Comune e l’Autorità portuale non hanno ancora trovato. Le ipotesi avanzate dal presidente dell’Autorità, Paolo Costa, già ministro dei Lavori pubblici nel primo governo Prodi, sono lo scavo del Canale Contorta Sant’Angelo, che guiderebbe il percorso delle navi fuori dalle bocche di porto. L’altra è la creazione di un porto fuori dalla Laguna.

Due proposte che il Comune di Venezia ha sempre rifiutato perché richiedono un tempo di realizzazione decennale. «Considerando l’urgenza che pone la questione», ha ribadito Orsoni, mettendo sul tavolo la sua proposta, «l’unica soluzione praticabile a breve tempo è quella di far entrare le navi di maggiore dimensione dalla bocca di porto di Malamocco e farle fermare a Marghera». Certo, Marghera non è Venezia. Intanto, il 9 e l’8 giugno il comitato contro le grandi navi annuncia manifestazioni in tutta la città.