Nella serenissima Mose Capitale (un miliardo di euro il valore del «sistema parallelo» alla più grande delle opere pubbliche) detta legge la rotta unica. Il nuovo sindaco di centrodestra, di fatto, censura il fotoreporter di fama internazionale. E il Tribunale amministrativo regionale querela per diffamazione il molleggiato per antonomasia.
Sono le Grandi Navi ad incarnare simbolicamente il mix di politica & business, interessi privati e sussidiarietà nazionale, istituzioni e poteri. Molto più del «cubo» dell’hotel Santa Chiara, fra piazzale Roma e il ponte di Calatrava, che per altro dovrebbe scandalizzare le anime belle almeno quanto altri «buchi neri» al Lido o le operazioni immobiliari accademiche.
Così Adriano Celentano è chiamato a rispondere di diffamazione, dopo la querela del giudice Roberto Vitanza che così spiega le ragioni dell’offesa canora al Tar: «Non corrisponde al vero che esiste un decreto che vietava il transito alle navi, ma il decreto al quale si faceva riferimento era solo un’ipotesi subordinata alla preventiva individuazione delle vie alternative per l’approdo delle navi a Venezia. Invece nell’articolo si attribuisce al Tar del Veneto la diretta responsabilità per non aver impedito passaggi marittimi alle grandi navi».
Celentano dalle colonne del Fatto aveva definito «miserabile» il tribunale amministrativo, «il nemico più feroce di Venezia che in modo ottuso e spregiudicato ha dato torto ai tanti oppositori dello scempio veneziano» perché ha cancellato il decreto con cui si stoppava il transito delle città galleggianti oltre le 40 mila tonnellate in bacino San Marco. Celentano, per altro, aveva puntato l’indice anche contro Corrado Clini e Corrado Passera: «Avevano stabilito il limite: probabilmente pensavano che Venezia va rovinata un po’ per volta». Non aveva risparmiato nemmeno il forzista Renato Brunetta e Alessandra Mussolini: «Nemici al 100% perché dicono che le navi danno lavoro a 100 mila persone». Ma ora è scattata la querela: per il giudice Vitanza, «Celentano ha alterato la notizia e ha rappresentato nell’opinione pubblica l’esercizio, da parte del giudice amministrativo, di una distorta e inesistente potestà tale da aver consentito il passaggio delle grandi navi».
Non basta. Luigi Brugnaro, sindaco da giugno, ha mosso guerra alle immagini di Gianni Berengo Gardin che ritraggono i «Mostri di Venezia»: foto che parlano da sole con l’inimitabile tocco di maestria del fotoreporter. Una mostra già prevista a palazzo Ducale dal 19 settembre.
Così non va bene: il sindaco ha «invitato» la Fondazione musei vivici veneziani a corredare le foto con i progetti agli atti che deviano le Grandi Navi fuori dal cuore del cuore della città. In particolare, con le tavole del «Tresse est» ovvero la soluzione che sintonizza Comune e Porto (cioè centrodestra e Paolo Costa del Pd) sullo scavo del Canale Vittorio Emanuele. È la svolta dell’estate: si tratta di un aggiustamento dell’originale cantiere (progettato con il solito «giro» di imprese del Consorzio Venezia Nuova) nel canale Contorta-Sant’Angelo, che pende sempre nella commissione Via del ministero dell’ambiente. Insomma, una forma di occultamento parallelo della forza delle immagini già esposte dal Fai nella cornice di Villa Necchi Campiglio a Milano. Berengo Gardin replica così: «Se vogliono mostrare le tavole del nuovo canale facciano pure: ma separate. Quello è un progetto tecnico, il mio è un racconto fotografico». Una bella rogna per Roberto Koch dell’agenzia Contrasto, curatore di «Mostri di Venezia», alle prese con la corrispondenza ufficiale degli uffici di Ca’ Farsetti che sono stati mobilitati dal sindaco Brugnaro.
A Venezia, comunque, il Comitato No Grandi Navi non molla. Il 9 maggio erano migliaia in corteo da campo Santa Margherita a rinnovare la totale incompatibilità dei super-bisonti del mare con i delicati equilibri della laguna. E a settembre 2013 gli attivisti si erano addirittura tuffati nel canale della Giudecca, circondati dalle imbarcazioni delle forze dell’ordine e «sorvegliati» da un elicottero. Nella città-vetrina, un’alternativa che non si arrende. Tanto più davanti al doge Gigi…