«Grandi coalizioni» significano «piccole opposizioni». Talmente piccole da risultare quasi insignificanti. Come rischiano di essere la Linke e i Verdi, i due gruppi di minoranza nel nuovo parlamento tedesco, riunitosi ieri per la seduta inaugurale dopo le elezioni del mese scorso. Le regole vigenti, infatti, sono concepite per garantire opposizioni ben più robuste nei numeri: per i due partiti che contrasteranno il prossimo governo di Angela Merkel è un problema serio. Ma è anche un motivo di imbarazzo per la Germania tutta, molto fiera del proprio sistema democratico.

Non a caso, democristiani (Cdu-Csu) e socialdemocratici (Spd), che si apprestano a formare il nuovo esecutivo, hanno già promesso un comportamento «sensibile» alle esigenze delle opposizioni. Ma il bon ton parlamentare di chi dall’alto della propria schiacciante maggioranza elargisce generose concessioni non appare una garanzia sufficiente: Linke e Verdi – giustamente – non si accontentano della altrui benevolenza.
In pericolo c’è la possibilità di istituire le commissioni parlamentari d’inchiesta su istanza delle minoranze: uno dei più importanti strumenti di controllo dell’azione del governo e dell’amministrazione pubblica federale. Fra gli esempi più recenti: la commissione sulla strage di civili a Kunduz in Afghanistan (settembre 2009), avvenuta per responsabilità di ufficiali dell’esercito tedesco con relativo insabbiamento da parte del ministero della difesa, e quella sull’operato del servizio segreto interno in relazione agli omicidi di matrice neonazista compiuti tra il 2000 e il 2006.

La Costituzione tedesca prevede che tali organi nascano quando a farne richiesta è un quarto dei membri del Bundestag. Normalmente, i banchi dell’opposizione ospitano ben più del 25% dei deputati: ma la nuova legislatura non è poi così «normale». I rappresentanti della Linke e dei Grünen, insieme, raggiungono appena il 20% dei seggi parlamentari. Se non cambia la Legge fondamentale, quindi, addio commissioni di inchiesta per quattro anni.

Armi spuntate, quelle delle minoranze, anche su un altro fronte molto importante: la possibilità di fare ricorso alla Corte costituzionale contro leggi approvate dal parlamento. L’ordinamento della Repubblica federale prevede, a differenza di quello italiano, che non siano soltanto i magistrati a sollevare il dubbio di costituzionalità di una norma: può farlo anche un quarto dei deputati. Come sopra: una cifra ritenuta sufficiente dal costituente tedesco, ma oggi troppo alta per permettere alle opposizioni di chiamare in causa i giudici della Corte.

Nella Germania del 2013 non siamo ancora agli scenari inquietanti della prima grosse Koalition del dopoguerra (1966-69), che approvò la cosiddetta Notstandgesetz, la legge che regolava i poteri nello «stato di eccezione» contro la quale lottò l’opposizione extraparlamentare del Sessantotto tedesco. Nonostante ciò, la preoccupazione di una sorta di «dittatura della maggioranza» giustifica ampiamente la richiesta della Linke di modificare la Costituzione, abbassando dal 25 al 20% il numero di deputati necessari per chiedere le commissioni d’inchiesta e per mandare una legge all’esame della Corte.

«I diritti dell’opposizione non possono scomparire, per grande o piccola che l’opposizione sia», ha affermato ieri ai microfoni della tv pubblica il nuovo capogruppo al bundestag dei Verdi, il 43enne Toni Hofreiter. Per gli ecologisti, tuttavia, la strada da seguire è quella della modifica non della Costituzione, ma dei regolamenti parlamentari. Sicuramente più veloce, ma, forse, meno efficace.