Nella residenza anziani di Atessa (Chieti) – 5 morti da coronavirus, 26 contagiati tra cui diversi lavoratori – ci sono volute settimane per avere i risultati, dei tamponi, anche degli ospiti già deceduti e sepolti. Con il sindaco, Giulio Borrelli, ex direttore del Tg1, a bisticciare, a muso duro, con Asl e Regione per cercare di smuovere la situazione.

«Ha 42 anni, fino ad ottobre scorso malata oncologica, asmatica cronica, con i polmoni già compromessi per l’effetto delle chemio, delle radioterapie e dell’ormonoterapia, è stata a casa con la febbre alta per una settimana. Visitata al Pronto soccorso, con grande scrupolo i medici hanno ordinato una Tac. Il risultato ha confermato una polmonite; è stata ricoverata in isolamento all’ospedale di Vasto (Ch). Da una decina di giorni è sottoposta a cure, ma purtroppo ancora ad oggi non si sa l’esito del test per il Covid-19. I medici la stanno sottoponendo in maniera preventiva alla profilassi contro il coronavirus»: così Alessandro Lanci, noto ambientalista, presidente del movimento «Nuovo senso civico».

Il primo cittadino di Lanciano (Ch), Mario Pupillo, da un mese, anche con un video quotidiano sui social, sollecita di conoscere in tempi accettabili i risultati dei test: nulla. È caos tamponi, in Abruzzo. «Fin dalla scoperta dei primi casi di infezione – evidenzia il vice presidente della commissione regionale Sanità, il pentastellato Francesco Taglieri – si sono riscontrati gravi problemi, che si sono ingigantiti all’aumentare delle positività, nella gestione dei tamponi. Sono i ritardi nelle risposte a creare rischi, soprattutto rispetto al personale sanitario».

In ben due circolari ministeriali si specifica che i risultati dei test devono arrivare entro le 36 ore. Purtroppo però, «nel nostro territorio, – sottolinea Taglieri – è successo che la positività sia stata comunicata a medici, infermieri e operatori socio-sanitari addirittura 15 giorni dopo. I numeri offrono un quadro grave, con un’incidenza del personale sanitario sul totale dei casi positivi più alta rispetto alla media nazionale. E se era comprensibile, allo scoppio della pandemia, una iniziale difficoltà organizzativa, dopo due mesi non è più tollerabile».

Stessa lentezza anche per «i comuni cittadini. Il tempo medio è valutabile tra i 15 e i 20 giorni, ma abbiamo avuto persone rimaste barricate nelle proprie abitazioni, in quarantena preventiva, anche per 50 giorni, aspettando responsi». Indice puntato contro la giunta regionale di centrodestra, guidata da Marco Marsilio, e contro le Asl.
L’assessore alla Salute, Nicoletta Verì, dopo settimane di silenzio, ha chiarito che i «laboratori lavorano ininterrottamente per smaltire gli arretrati, accumulatisi soprattutto nel distretto di Chieti, forse perché non vi era l’indicazione della classe di priorità».

Ieri, inferociti, sono scesi in campo 43 sindaci della provincia di Chieti. «Drammatico, inaccettabile e soprattutto inspiegabile – scrivono in un documento – il ritardo sui tamponi naso-faringei. Una situazione che genera ritardo nelle cure, nella quarantena dei familiari e un rischio personale e per la comunità, è insostenibile e richiede urgenti risposte e provvedimenti». «Il virus in Abruzzo – tuona Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione – ha una maggiore capacità di diffondersi, in testa a tutte le altre regioni. Occorre l’immediata diagnosi/identificazione della persona infetta. I dati dicono che ad oggi non siamo capaci di farlo».

Maurizio Salerni, di Lanciano (Ch), è morto, il 10 aprile scorso, a 54 anni, di covid 19, dopo che gli avevano detto che aveva «influenza, con una piccola bronchite, da trattare con antibiotico». «Diagnosi – raccontano i familiari – fatta a voce, per telefono, senza neppure l’ausilio di una videochiamata. Abbiamo insistito affinché fosse sottoposto a tampone, ma invano. Le procedure non lo prevedevano…». Moglie e figlia sono tappate in casa da 50 giorni perché i tamponi ai quali si sono sottoposte, dal 4 aprile in poi, vanno a tempo di lumaca. E qualcuno, nel marasma dell’emergenza, «s’è pure perso…».