Correre lungo la strada che non voleva nemmeno imboccare. Dopo le tergiversazioni e gli inutili bizantinismi delle scorse settimane, Boris Johnson ha ieri confermato e difeso in aula il lockdown totale per l’Inghilterra già anticipato caoticamente al paese in un messaggio televisivo sabato sera. «Ne abbiamo il dovere medico e morale» ha detto. Dovrebbe entrare in vigore giovedì 5 novembre e terminare nella migliore delle ipotesi il 2 dicembre, data in cui si reintrodurrebbe il sistema regionale a tre livelli di gravità di diffusione del virus in cui il paese è stato finora suddiviso.

Ieri i nuovi casi ieri erano 18.950, i decessi 136, l’impennata settimanale più alta da maggio, portando il totale ufficiale a 46.853. Alti i ricoveri in ospedale: 1.505, con 978 pazienti intubati. Il rischio dell’inazione significherebbe ritrovarsi con il doppio delle vittime della primavera e la capacità degli ospedali – già consuetudinariamente messa a dura prova in questa stagione – allo stremo. Investito in pieno dall’“impennata autunnale” del virus, Johnson deve guadagnare il tempo perduto piegandosi a misure semitotalitarie indegne della luminosa tradizione liberale britannica di cui è corifeo, ampliando il golfo fra sé e la destra del suo partito.

Contrariamente alla serrata della scorsa primavera, le scuole e le università rimarranno aperte. Restano operativi il settore edilizio e manifatturiero. Saranno dispensati dal restare a casa quelli che da casa non possono lavorare, che sono costretti a uscire perché necessitano di cure mediche, devono fare la spesa cosiddetta essenziale o assistere i bambini e/o gli anziani. Entra in funzione un nuovo sistema di “bolle” di assistenza per gli anziani da soli o per un genitore unico con figli sotto i diciotto anni, che potranno incontrarsi con un’altra famiglia.

Chiunque potrà fare sport e incontrare un’altra persona all’aperto che non sia un parente, diversi nuclei familiari non potranno più vedersi in casa o in giardino. Chiusi tutti i negozi che non vendono articoli essenziali, sarà possibile ordinarne la merce online; chiusi tutti i pub e i ristoranti, che manterranno un servizio di take-away. Come anche i luoghi di culto, le palestre, le piscine e i parrucchieri. Sì ai funerali con un massimo di trenta persone ma no ai matrimoni. Bandito ogni spostamento non essenziale, sia con mezzi pubblici che non. Nessun obbligo di autoreclusione per gli anziani e le persone vulnerabili, invitati tuttavia alla massima allerta.

Tutti provvedimenti che devono comunque superare il voto in aula di domani, nonché un’annunciata fronda conservatrice, che ha già annunciato voterà contro. Anche per non farsi svergognare da Nigel Farage, che riesuma la salma del Brexit Party in un’entità “libertaria” anti-lockdown (si chiamerà Reform Uk). Voterà invece a favore il labour di Keir Starmer, la cui costipazione politica sembra aver tratto prezioso giovamento dalla purga di Corbyn come anche dall’acuirsi di questa crisi sanitaria, in cui l’attuale leader laburista ha finora brillato per invisibilità.

Sì perché mentre questo governo barcollava con leggendaria cialtroneria lungo il dedalo pandemico degli ultimi mesi, Starmer ha: imposto l’astensionismo mentre i tories varavano una serie di leggi-porcheria per tutelare i soprusi militari e civili “dei nostri ragazzi” impegnati nei veri teatri dell’imperialismo nazionale; commentato la cattiveria dickensiana di Johnson e del cancelliere Sunak – che si sono rifiutati di estendere i pasti gratuiti ai bambini “svantaggiati” durante le vacanze di half-term, una porcheria denunciata da un calciatore miliardario (!) – con un silenzio assordante; e ha lasciato che fosse il sindaco “populista” della Manchester operaia, Andy Burnham, a richiedere più fondi per la città durante la paralisi da lockdown.

Abbastanza vacuo, insomma, da far sì che in molti vedano in lui il prossimo Primo ministro. Nella litania dei te l’avevo detto scatenatasi addosso a questa raccapricciante compagine governativa, Starmer può infatti orgogliosamente rivendicare di aver raccomandato dei piccoli lockdown totali come quello in cui si trovano adesso Galles e Irlanda del Nord, peraltro ampiamente sostenuti da esponenti della comunità scientifica. Per l’estremo centro è arrivata l’ora della riscossa.