Nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Gradisca d’Isonzo cinque persone sono risultate positive al Covid-19. Sono tutte asintomatiche e rappresentano circa il 10% dei trattenuti. «Quattro sono attualmente in quarantena nel centro stesso, mentre il quinto è stato preso in carico dalle autorità sanitarie del luogo di residenza», ha scritto in una nota il Garante nazionale dei detenuti. Appresa la notizia, nella tarda serata di venerdì i reclusi hanno protestato chiedendo di essere liberati. Sono stati incendiati dei materassi. «Una struttura come il Cpr viaggia perennemente sul filo del rasoio ed è chiaro che la notizia della positività di alcune persone ha generato disagio e nervosismo», afferma Giovanna Corbatto, Garante comunale delle persone private della libertà. Sempre a Gradisca, un mese fa era stato rilevato il primo caso ufficiale di coronavirus in un Cpr. La Garante ribadisce la richiesta alle istituzioni centrali di maggiore attenzione rispetto a uscite e ingressi nella struttura.

SU COME IL VIRUS sia entrato nel centro si possono solo fare ipotesi, per ora. I cinque positivi erano dentro da oltre due mesi. Una pista è quella del personale, che ha contatti con l’esterno. Gli operatori dell’ente gestore sono stati sottoposti a tampone e si attendono i risultati. Per accertare se anche il personale di polizia ha fatto il test, Corbatto ha chiesto ufficialmente un riscontro al Questore. Un’altra pista riguarderebbe prestazioni sanitarie ricevute nei giorni scorsi da due reclusi in un ospedale della zona. A parte eccezioni, le prestazioni che non possono essere svolte in loco si realizzano nell’ospedale di Gorizia, dove la situazione è relativamente sotto controllo. Il 24 aprile il vicegovernatore della Regione con delega alla Salute Riccardo Riccardi ha parlato di due casi di Covid-19 in neurologia e due tra gli infermieri. Cinque i pazienti in terapia intensiva.

UNA PROTESTA si è svolta venerdì anche nel Cpr di Ponte Galeria. All’origine il cibo scarso e una detenzione percepita come ingiusta, soprattutto ai tempi del Covid-19 che genera maggiori rischi di contagio per chi si trova in luoghi dove è difficile osservare il distanziamento. «Alla protesta, hanno risposto le botte della polizia. Due reclusi malmenati. Uno di loro, oggi, è di nuovo in infermeria per il forte dolore successivo alle botte», scrive la rete lasciatecientrare, che ha ricevuto video e foto visionati dal manifesto. Nei giorni scorsi nella struttura c’erano stati episodi di autolesionismo da parte di due uomini a cui è stato prolungato il trattenimento per altri 30 giorni.

AL 24 APRILE erano 250 le persone trattenute nei Cpr italiani. Dall’inizio dell’epidemia si registra un trend decrescente, per la mancanza di convalida di alcuni provvedimenti di trattenimento da parte dei giudici e per il numero ridotto di ingressi disposti dalle questure (circa 32 dal 15 marzo al 17 aprile). Questi numeri sono stati resi pubblici dal Garante nazionale, che si è detto «sorpreso» per la situazione del Cpr di Caltanissetta dove sono ancora recluse due persone «nonostante sia stata comunicata al Garante la sua chiusura ormai da alcuni giorni». Il 26 marzo scorso la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatovi si era rivolta alle autorità nazionali affermando: «Il rilascio dei migranti detenuti è l’unica misura che gli Stati membri possono adottare durante la pandemia da Covid-19 per proteggere i diritti delle persone private della libertà e più in generale quelli di richiedenti asilo e migranti».