«La risposta al terrorismo deve essere lavorare di più insieme come europei. Che la Francia abbia chiesto di attivare la clausola della solidarietà del trattato è un segno importante. Usiamo l’Europa che c’è, non le risposte nazionali». A Bruxelles, al consiglio degli Affari generali dell’Unione, il sottosegretario Sandro Gozi ha portato la posizione italiana sulle politiche europee. «Diritto alla sicurezza, sicurezza dei diritti» è il principio del governo. Ma l’Italia, ha denunciato il radicale Riccardo Magi ieri sul manifesto, resta la prima in classifica proprio sulle violazioni del diritto europeo. Gozi assicura che «il governo ha fatto della lotta contro l’illegalità italiana una priorità. Quando siamo arrivati noi le violazioni erano 121. Ora sono 89 e abbiamo innescato una tendenza al ribasso. Ma non basta, andremo avanti con obiettivi precisi. L’appello dei radicali è benvenuto».

Il «diritto alla sicurezza» in concreto si tradurrà nel fatto che per rispondere al terrorismo ci sarà un Patriot Act europeo che limiterà le nostre libertà? In altre parole: faremo quello che Daesh ci vuole imporre?

Non stiamo andando in quella direzione. La strategia dei nazisti islamici di Daesh è di spingerci a una spaccatura interna in Europa. La vicenda del passaporto siriano trovato accanto a uno dei kamikaze di Parigi, vero o falso che sia, dimostra che il messaggio che vogliono far passare è: tutti i rifugiati politici sono potenziali terroristi. Noi dobbiamo rispondere no a questa follia: i rifugiati sono persone che scappano dagli stessi macellai che abbiamo visto all’opera, anche con nazionalità francese e belga, al teatro Bataclan. E la soluzione non è un Patriot Act neonazionalista ma semmai un European act che tenga conto del nostro stato di diritto. Ripeto: il diritto alla sicurezza per noi è anche sicurezza del diritto.

Intanto però Hollande in Francia ha chiesto di cambiare la costituzione per poter più facilmente dichiarare lo stato di emergenza.

La Francia è stata colpita brutalmente due volte nel giro di pochi mesi. È comprensibile che si dia strumenti più rapidi per combattere il terrorismo. Del resto quella disposizione costituzionale risale agli anni 50 e non consente vie di mezzo fra lo stato d’emergenza e più modulate misure di controllo.

Intanto c’è il tema dello scambio di informazioni fra polizie e intelligence europee. Oggi sappiamo che la polizia belga sapeva cose che la polizia francese ignorava.

Dalla carneficina di Charlie Ebdo, sulla cooperazione fra intelligence e polizia sono stati fatti molti passi avanti. Ma è evidente che bisogna lavorare di più insieme. Dobbiamo passare dalla cooperazione all’integrazione dei servizi. Bisogna adottare la direttiva sul Pnr europeo, il passengers name record. Dobbiamo rivedere la direttiva sul controllo delle armi da fuoco. E rilanciare la lotta al finanziamento del terrorismo. Per battere Daesh dobbiamo seguire i flussi finanziari: e il fatto che al G20 si sia parlato di sanzioni è fondamentale. Ancora: lo spazio digitale è un altro luogo in cui questa battaglia va combattuta. Da ultimo c’è la lotta contro il proselitismo: va fatta anche nelle carceri. Il lavoro del governo contro il sovraffollamento è importante: avere misure alternative e carceri rispettose degli obblighi europei vuole dire avere la possibilità del recupero sociale dei condannati per reati sensibili.

Quanto alla solidarietà militare chiesta dalla Francia, per Renzi bisognerà «essere saggi». Per la ministra Pinotti invece «bombardare non è un tabù». Fino a dove si spingerà l’Italia?

Saremo solidali con i francesi. Vedremo poi quello che la Francia chiederà ai singoli stati in più di quello che stanno già facendo. Centinaia di militari italiani già addestrano i peshmerga curdi.

La Russia ha offerto da subito la sua alleanza militare alla Francia.

La Russia può svolgere un ruolo chiave nella soluzione della vicenda siriana e quindi nella sconfitta di Daesh. Il governo italiano lo ha detto dall’inizio, e ha sostenuto una soluzione politica con tutti gli attori dell’area, anche Iran e Arabia saudita. Oggi tutti sono sulla nostra linea.

Questo cambierà qualcosa nelle sanzioni contro la Russia per la guerra in Ucraina?

La review sulle sanzioni è prevista per gennaio. Ma è chiaro che oggi il contesto è molto cambiato.

Oltre la risposta militare, cambieranno le politiche d’integrazione?

Oggi in Europa abbiamo due dèmoni alimentati dai nazisti islamici e dai neonazisti europei. Il demone dell’antisemitismo e quello dell’islamofobia. Entrambi richiedono educazione e integrazione. Dobbiamo rivedere le nostre politiche di integrazione: non hanno funzionato appieno. Nell’interesse di tutta la nostra comunità, religiosi e atei, credenti e non, cristiani musulmani e ebrei, dovremo essere più severi sul rispetto dei nostri valori costituzionali. E della legalità. Per noi la laicità è un valore fondamentale, e così la separazione fra religione e politica. Per noi le donne sono pari agli uomini dunque non possono essere imprigionate in un burqa. Anche i musulmani debbono denunciare con più forza la barbarie.

C’è una lezione delle guerre sbagliate che tutti, in Europa e non solo, stiamo pagando?

La lezione è che non si possono fare guerre senza avere una strategia per il dopo.

Alcune guerre potevamo risparmiarcele?

Certo, anche su questo un ragionamento va fatto. Potevamo risparmiarci alcune guerre. Ma abbiamo imparato la lezione. Per questo, sulla Siria, oggi il governo italiano è impegnato con forza alla ricerca di una soluzione politica.