C’era un indiano a Milano. Ci arrivò nel 1969 per un corso al Politecnico, e ci restò. Pensò bene, anni dopo, di fare un figlio, cui diede il nome di Govind, cognome Khurana. Nel 1975 erano gli unici tre indiani a Milano, mamma compresa, più il corpo consolare. Govind, nome in questo caso profetico, significa «colui che protegge le mandrie». E, in senso nobile, tale diventerà il piccolo Khurana. A dodici anni inizia a comprare dischi «Sempre con cognizione di causa, cercandoli fuori dal mainstream». Poi la musica insieme a piccoli gruppi; l’organizzazione di concerti nel circuito underground, a ventitré anni un corso di specializzazione presso il Centro Musica di Modena, le collaborazioni con giornali di settore e una radio. Le porte del mondo in cui Govind vuole abitare si spalancano quando arriva alla sede italiana della tedesca Edel Records, etichetta indipendente creata nel 1986 da Michael Haentjes. Nei ’90 ha in scuderia Deep Purple, Simple Minds, Morrissey, Marianne Faithfull, Passenger, Marylin Manson. Lì Govind comincia a lavorare nel marketing e nella promozione. Poi la scelta di Ferrara, dieci anni fa.

1351504283Govind_khurana_scare_yourself

Chicchere con lui, una sera, camminando tra le strade del ghetto estense. Govind racconta di sé e della New Model Label, la sua etichetta, fondata qui nel novembre del 2007: «Solo chi è milanese può capire quanto la città riesca ad essere pesante. Se non sei di Milano, o te ne accorgi prima, o te ne innamori. Così, con mia moglie, decidemmo di trasferirci in un posto che con la sua tranquillità, la sua distanza dalle rotte musicali, mi desse la serenità necessaria per realizzare un progetto tutto mio. Era stato bellissimo lavorare con tante leggende del rock, dentro una grande organizzazione, imparare a una grandissima scuola. Certo è esaltante arrivare al numero uno in classifica con un disco che ha dietro vent’anni di storia e viene dall’America, dall’Inghilterra; ma lo è altrettanto ottenere un risultato partendo da ciò che hai scelto e lanciato tu, cominciando da zero».

New model label si muove, ai suoi esordi, sulla scena torinese, Stefano Amen, Mezzafemmina, Davide Tosches. E soprattutto Vittorio Cane, da non confondere con il quasi omonimo Cane. «Il cantautore più sguaiato, più stonato, e al medesimo tempo il più spontaneo e sincero, ha tirato fuori un modo cantautorale che circolava nascosto nei piccoli locali alternativi. Uno che si chiama così così è finito su MTV e All Music». Il cantautorato è un tir che trasporta di tutto. Quali generi rappresentano i tuoi artisti? «È una canzone d’autore slegata dai modelli acustici degli anni ’70. Giancarlo Frigieri, Davide Solfrini, Russo Amorale, Rigotto giocano senza paura con le chitarre elettriche e l’elettronica. Io non ho pregiudizi sonori. La canzone d’autore è materia viva, testo che non contiene ritornelli o trovate ammiccanti, belle melodie che sanno mantenere le giuste distanze dal pop».

Vero, verissimo. Prendete l’album di Frigieri Troppo Tardi. Non ci troverete dentro insulse rime baciate e prevedibili, colpiscono i versi che raccontano in apparente disordine una storia compiuta. I Gasparazzo e Banda Bastarda sgranano canzoni politicamente reali e surreali, dandoci giù di reggae e di rock spazzolati a colpi di folk. E Davide Solfrini? La sua convincente crescita si esprime in Vestiti male (accento sulla e), brano e titolo del terzo album di un artista che spara blues e rock wave sul diffuso cinismo quotidiano. L’incitazione a vestirsi male arriva alla fine di brevi e ordinari aneddoti urbani, buttati lì e sentiti chissà dove, poco importa.

È l’ulteriore dimostrazione dell’assenza in Govind Khurana di pregiudizi sonori lo dimostrano i Deluded by Lesbians, folle trio di maschi barbuti nascosti sotto le anagrafi di Laura O’Clock, Federica Knox e Lara Brixen, che mette in morbido punk ma non troppo, Felicità di Al Bano e Romina, Fotoromanza della Nannini, Cuore Matto di Little Tony e via dissacrando l’italica canzone popolare.