Salvini cerca di levarsi di dosso l’incidente sul no della Lega al green pass, dialoga coi suoi governatori infuriati per la linea oltranzista del capo, spiega che «bisogna evitare obblighi o costrizioni, che potrebbero servire solo in via eccezionale», e intanto si scaglia contro l’obbligo di vaccino che «esiste solo in Turkmenistan e Tagikistan».
Ma Pd e M5S lo incalzano: «Deve decidere se inseguire la Meloni o il bene del Paese», dice Di Maio. «Sostegno pieno al governo su tutto ciò che è estensione di obbligo vaccinale e di green pass», spiega Letta. Il governo valuta sempre più concretamente la possibilità di mettere la fiducia sul decreto green pass per aggirare possibili agguati. «Il pass va esteso a tutto il mondo del lavoro pubblico e privato in maniera tale che ci sia una sorta di passaporto di sicurezza», la proposta del ministro della Pa Brunetta.

Il tema sarà affrontato nella cabina di regia di giovedì prossimo tra il premier Draghi e i capi delegazione dei partiti al governo. Cruciale sarà l’esito dell’incontro tra Confindustria e sindacati che si terrà domani. Nel nuovo decreto (in vigore da ottobre) si prevede l’obbligo del pass per i dipendenti statali e (forse) per autisti e passeggeri dei trasporti locali, quindi bus, tram e metropolitane.

Prima che si affacciasse l’ipotesi della fiducia, le stime indicavano tra i 10 e i 30 i parlamentari leghisti pronti a non votare o votare contro il contestato decreto. «L’obbligo vaccinale per tutti, ragazzini compresi, non era presente in nessun accordo», osserva Salvini che, di contro, ribadisce la ferma volontà di restare in maggioranza. Ieri il capo legista ha incontrato i suoi governatori che avevano contestato il no alla Camera della Lega sul green pass. Tra le proposte partorite tamponi gratuiti, test salivari, estensione dell’uso degli anticorpi monoclonali.