Il pagamento dei 40 miliardi di debiti della pubblicazione amministrazione alle imprese e agli enti locali? «Tra il niente e il qualcosa è meglio qualcosa – ha detto ieri il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi durante una visita al salone del mobile di Milano – Il debito è probabilmente almeno tre volte i 40 miliardi, che peraltro vengono dati in forma molto diluita». C’è bisogno «subitissimo» di un governo di larghissime intese, ma ci sarà da aspettare un mesetto, se va bene. «L’assenza di un governo, e l’allentamento dell’azione riformatrice di Monti, ci è costata un punto di Pil». Sul tavolo, dopo Grillo anche Squinzi si gioca l’asso pigliatutto della violenza di piazza. Se non si fa qualcosa contro una disoccupazione al 12% e al 40% tra i giovani c’è il rischio di «esplosioni violente». «I suicidi degli imprenditori, 62 fino a oggi sono la punta di un iceberg. Il resto dell’iceberg sono le centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio»
Sembra incontentabile il leader degli industriali. Dopo avere imposto un decreto a un governo moribondo e «prorogato», ottenuto il consenso degli enti locali e spinto Bankitalia a rivedere l’entità del debito della pubblica amministrazione a 91 miliardi, adesso sostiene che va probabilmente molto al di là delle cifre stanziate finora. Ed è vero. Perché, secondo la tesi sostenuta da giorni dalla Cgia di Mestre, il debito sarebbe il triplo di quello calcolato: 150 miliardi di euro. Nell’allarme generale, nessuno ha pensato di calcolare i debiti della P.A. con le imprese che hanno meno di 20 addetti, cioè il 98% del tessuto produttivo del nostro paese. Tanto meno il governo guidato da Monti che solo pochi giorni fa pregava il parlamento di «fare presto». A esonerarlo da un compito più grande di lui.
Ieri la Cgia di Giuseppe Bortolussi ha messo sul piatto un altro carico da novanta. Le banche in realtà hanno erogato 7,58 miliardi alle amministrazioni pubbliche tra febbraio 2012 e febbraio 2013, mentre le aziende hanno subìto una stretta da 34 miliardi e le famiglie si sono viste rifiutare i prestiti per 5,1 miliardi di euro. La Cgia non lo dice, ma questo accade per non sforare il patto di stabilità interno, oltre che rispettare la spending review. La «liquidità» sbloccata dal decreto, e ben accolta dagli enti locali, sarà dunque un lenitivo. Sanerà i debiti pregressi, più che a promuovere la «crescita» che tutti cercano come assetati in un deserto.
Insomma, lo Stato non paga, le banche non prestano, i consumi e la produzione crollano. Ieri l’Istat ha registrato il diciottesimo calo consecutivo della produzione. Ormai non si comprano più automobili (a febbraio -16,1%), mentre vanno benone l’acquisto dei Pc, delle sigarette e il cibo (+3,5%).
Di questo bollettino di guerra poco, o nulla, è giunto al governo Monti che ieri ha presentato un Documento di economia e finanza (Def) tutto sommato inutile, dove ha rivendicato con puntigliosità i suoi meriti. Solo presunti, però, visto che il debito pubblico nel 2013 sfonderà il tetto del 130,4%. Ma, ha assicurato il ministro delle Finanze Vittorio Grilli, tornerà a calare per un misterioso «effetto elastico» nel 2014 fino a raggiungere il 125,5%, cioè il livello dov’era al momento dell’insediamento del governo «tecnico». Nel 2017 arriverà al 117,3%, ma qui siamo nel campo delle pure ipotesi in assenza di una crescita significativa, e dell’aumento di occupazione e consumi. Quello che al momento è certo sono i 30 miliardi di risparmi tra il 2012 e il 2015 preventivati dalla spending review, l’aumento dello 0,4% della pressione fiscale (compresi i 23,8 miliardi dell’Imu fino al 2014) e la cura anti-spread che ha fatto risparmiare 7,7 miliardi dalla spesa per interessi. Per Monti il taglio del debito corrisponde alla crescita del Pil. È la ricetta dell’austerità che, a suo avviso, vedrà un aumento del Pil del +1,3% nel 2014 e del +1,4% nel 2015. Per molti, invece, questa è allucinazione che aggraverà la recessione, come del resto si è visto quest’anno. A sostegno della sua tesi Monti ha citato i 40 miliardi alle imprese che Squinzi ha giudicato inadeguati per rianimare la crescita. «È solo fuffa» ha detto il governatore della Puglia Vendola a proposito del decreto sui debiti. Ma il giudizio è estendibile anche al Def. Monti invece tiene la barra dritta. Per lui il prossimo governo dovrà mantenere la disciplina di bilancio, oppure cadrà in un burrone. Lo stesso governo dovrà però garantire la crescita. Ancora non si sa come.