A Ginevra ieri si è tenuto il Comitato militare libico congiunto: Khalifa Haftar accompagnato dai sui generali e cinque rappresentanti del governo di Fayez al Sarraj riuniti dalla missione Onu per discutere della tregue mentre l’artiglieria di Tripoli colpiva le postazioni a est di Misurata e, dall’altro fronte, facevano sapere di avere ucciso 71 mercenari siriani. A Roma, intanto, era arrivato il ministro dell’Interno del governo libico di accordo nazionale, Fathi Bashaga, quello che fa capo a Sarraj, per incontrare il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e l’omologa italiana, Luciana Lamorgese.

Sul tavolo ci sono le modifiche al memorandum tra Italia e Libia. L’accordo si è rinnovato domenica scorsa per tre anni, Roma ha però attivato la procedura per la revisione dei contenuti. Il tema crea fibrillazione nella maggioranza con i 5S impegnati a tenere la linea della continuità con le politiche migratorie del “Conte Uno” e il Pd stretto nella sua contraddizione: il memorandum è nato sotto l’egida dell’allora ministro dell’Interno dem, Marco Minniti, ma d’altro canto il partito ha necessità di marcare la discontinuità dall’epoca di Matteo Salvini al Viminale. Le modifiche al memorandum dovrebbero quindi servire a risolvere questi nodi.

IL PROBLEMA più grande sono i campi di detenzione in Libia. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati la scorsa settimana ha deciso di sospendere per mancanza di sicurezza le attività del suo centro di transito di Tripoli, aperto appena un anno fa. Cinque strutture sono state chiuse perché sulla linea di fuoco tra i due eserciti in lotta. E comunque, anche senza la guerra civile che infuria, le condizioni standard violano tutte le norme e le convenzioni internazionali.

Di Maio ieri ha confermato: «L’Italia presenterà presto al governo libico di accordo nazionale una serie di emendamenti al fine di migliorare i contenuti del memorandum bilaterale con particolare riguardo al rispetto dei diritti di migranti e richiedenti asilo». Ieri Bashaga è arrivato a Roma con una missione precisa: più che discutere di richieste, Tripoli voleva rassicurazioni sull’appoggio politico e diplomatico. Quello che era un asse consolidato, dal governo Gentiloni al “Conte Uno”, è sembrato venire meno dopo l’offensiva di Haftar e la posizione «mediana» dell’Italia, come di attesa del vincitore.

DI MAIO IERI ha ribadito l’appoggio a Tripoli e «l’impegno dell’Italia per una soluzione politica della crisi libica, a partire dall’attuazione degli esiti della Conferenza di Berlino». E ancora: «La strada da seguire è il rispetto dell’embargo sulle armi per un cessate il fuoco permanente. L’Ue deve dare il proprio contributo, parlando con una sola voce, affinché possa prevalere la diplomazia. Bisogna fermare le interferenze esterne. Mettere in sicurezza la Libia significa mettere in sicurezza l’Italia». Tregua sotto le insegne Ue e Onu, nuova collaborazione con modifiche al memorandum: così, secondo il governo, è possibile continuare ad appaltare i respingimenti alla cosiddetta Guardia costiera libica, respingimenti che le norme vietano ai Paesi europei.

BASHAGA HA FATTO tappa anche al Viminale: anche qui l’incontro è servito a testare gli umori del governo rispetto alle alleanze sul campo. Un tema, però, che va sciolto dal premier Giuseppe Conte e dalla Farnesina. E poi si è discusso di sicurezza: la guerra civile ha prodotto almeno 300mila sfollati tra gli stessi libici, a cui si aggiungono i migranti detenuti nei campi legali (almeno 5mila) più quelli rapiti dalle milizie. E poi c’è la frontiera a sud, territorio dove si trovano le tribù che, di volta in volta, si schierano con un fronte o con l’altro. Bashaga è tornato a chiedere sostegno anche per controllare il confine meridionale. Sul tavolo poi le attrezzature per la marina di Tripoli (almeno quelle che sfuggono all’embargo) come radar, visori notturni e navi per bloccare i flussi dei migranti. Al Viminale il dossier più caldo è quello sui diritti umani e la possibilità di intervento di Unhcr e Oim, un percorso che si pensa di poter mettere in pratica, a patto di un reale cessare il fuoco e di un ritrovato accordo politico-diplomatico.

AMNESTY INTERNATIONAL boccia il memorandum: «Nessuno pensi che, rinnovato l’accordo con la Libia, il governo italiano possa continuare a ignorare la sofferenza di migranti e rifugiati intrappolati, in infami condizioni detentive, in un Paese in guerra». Il deputato di +Europa Riccardo Magi: «Il Memorandum va sospeso subito perché non modificabile».