Berlusconi arriva a palazzo Chigi a metà pomeriggio, affiancato dal gran ciambellano Gianni Letta. Denis Verdini, che del padrone di casa è intimo, era arrivato da solo, in anticipo. Anche l’ospite si presenta affiancato dagli «uomini di fiducia», Lotti e Guerini. Il quarto vertice del Nazareno è ufficiale, come di più non si può. Non è un vertice di maggioranza, di quelli dove la rissa è sempre in agguato. Somiglia casomai agli incontro «del caminetto» tra Berlusconi e Bossi, quelli dove si decideva la linea dei governi di centrodestra. Ed è così anche stavolta, perché Berlusconi starà pure all’opposizione, però sulle mosse del governo ha più voce in capitolo lui di chiunque altro, escluso Renzi.

La coreografia ha il suo significato politico. L’asse, ora, deve invece essere ben visibile e ostentato. Un po’ per rassicurare l’Europa dimostrando che da noi governo e opposizione vanno d’amore e d’accordo. Un po’ perché alla truppa forzista, costretta a stare di fatto ma non di nome in maggioranza, bisogna dare la soddisfazione di un riconoscimento vistoso.

Renzi è prontissimo a concedere questo e altro. Sa che il socio arriva tormentato da una preoccupazione da starci svegli la notte. Nella dimora azzurra, da giorni, si è diffusa l’angosciante sensazione che Renzi pensi non a mille ma a cento giorni o giù di lì, che intenda cavarsi dall’impaccio della disastrosa situazione economica con il ricorso al voto anticipato in primavera e che gli occorra solo la nuova legge elettorale per rompere gli indugi.

È quello che teme da sempre l’opposizione interna agli azzurri: Minzolini lo ha detto a più riprese, ma Raffaele Fitto è altrettanto convinto. Ora però a temere la fregatura dietro l’angolo non solo più solo i riottosi, ma i pilastri del cerchio magico come Ghedini. E Berlusconi stesso. Perché mai altrimenti il giovanotto avrebbe preso all’improvviso la rincorsa? Se questo è il progettino, Fi non ha alcuna intenzione di spalleggiarlo: nel caso molto meglio tenersi la legge elettorale che adesso c’è, il consultellum.

Le paure dell’amico Silvio, don Matteo le conosce una per una, e fa il possibile per dissiparle. Il voto anticipato, assicura, è escluso. Il governo tira davvero a tagliare il traguardo della legislatura. Ma accelerare è d’obbligo, sia perché lasciare vacante la casella della riforma elettorale significa inficiare agli occhi del popolo italiano ogni altro risultato del governo, sia perché Napolitano aspetta solo quella nuova legge per prendersi il riposo che attende da parecchio, e non vorrebbe arrivare oltre i primi mesi del 2015.

Il partner costretto a dividersi tra la guida (occulta) dello Stato e i servizi sociali si convince. Accetta la nuova tabella di marcia. L’Italicum o cosa per lui dovrà essere pronto per l’inizio dell’anno nuovo, senza che ciò comporti una convocazione dei comizi elettorali né immediata né a breve. Resta da chiarire un particolare: come cambiare l’Italicum medesimo, perché sulla necessità di «rivederlo profondamente» il presidente non ha lasciato dubbi di sorta. Da questo punto di vista, il Nazareno-4 non basta a sbloccare del tutto la situazione. Sulle preferenze l’accordo c’è: capolista bloccato e di lì in giù le preferenze. Se i partiti più piccoli, e in particolare l’Ncd, insisteranno, gli si concederanno le candidature multiple, così potranno piazzare qualche preferito pur prendendo un solo seggio per collegio. Sulla soglia dei coalizzati al 4% l’intesa è altrettanto perfetta. Ma sulla diminuzione dell’8% per i partiti al di fuori delle coalizioni invece il barometro segna tempesta. Renzi chiede il ridimensionamento, anche perché questo invoca il Colle. Berlusconi da quell’orecchio non ci sente, perché deve impedire a tutti i costi che i traditori centristi possano correre da soli. E qui l’intesa appare ancora distante.

Guerini, al termine della chiacchierata durata poco più di un’ora e mezzo, giura che di Consulta e Csm non si è parlato se non per applaudire il monito di Napolitano. Non potrebbe fare diversamente, dal momento che il Pd insiste nel giocare ancora la stropicciata carta Violante oggi: alludere a possibili cambi di cavalli vorrebbe dire seppellirlo. Ma è assolutamente probabile che a una diversa soluzione qualche accenno, forse qualcosa in più, ieri a palazzo Chigi lo si sia fatto, e forse anche qualche nome.

Non si è parlato invece di economia. Quella è la trama delle prossime puntate. Terrà banco nei prossimi vertici del Nazareno, insieme a una faccenda di importanza cruciale: il nome del successore di Giorgio Napolitano.