La notizia di ieri è stata certamente la condanna di Silvio Berlusconi, ma intanto i temi economici continuano a mantenere una loro centralità nella politica: in particolare l’occupazione – alla vigilia del Consiglio europeo sul lavoro del 28 giugno, e dopo la protesta dei sindacati di sabato scorso – e il nodo dell’Imu, che si dovrà risolvere entro il 30, visto che l’aumento deciso già dal passato governo scatterà l’1 luglio. Il Pdl, dal canto suo, per tenere botta dopo i fatti di ieri, prosegue nella sua campagna su Iva e Imu e sicuramente la intensificherà. Ieri il premier Enrico Letta ha incontrato in mattinata i sindacati, in via «informale» (così hanno voluto le parti), che hanno dato un prima via libero al suo decreto sugli incentivi per l’occupazione e la riforma della legge Fornero. Nel frattempo Letta ha anche avviato un giro di «consultazioni» con i leader di Scelta Civica, Pd e Pdl per fissare bene i punti in agenda e soprattutto assicurarsi il loro sostegno in questi giorni di maretta e decisioni importanti.

Ai sindacati, Letta ha esposto il piano sul lavoro, e nel contempo ha ribadito di voler intervenire tempestivamente sull’emergenza esodati. Ieri è anche uscito un articolo del premier italiano sul Financial Times: Letta ha spiegato che «non ci saranno crescita economica e riduzione del debito senza riforme strutturali nei mercati del lavoro».
Il «pacchetto lavoro» dovrebbe essere composto da tre pilastri. Il primo riguarda la modifica della legge Fornero sul tempo determinato. L’esecutivo proporrà di ridurre la pausa obbligatoria prevista dalla legge tra un contratto e l’altro. Per almeno due anni, e comunque fino all’Expo 2015, il periodo che deve intercorrere tra un’assunzione e l’altra potrebbe essere ridotto a 10-20 giorni. Il secondo pilastro è quello delle risorse: sul piatto, per ora, il governo è riuscito a mettere un miliardo di euro, gran parte dei quali viene dalla riprogrammazione di fondi europei destinati al Mezzogiorno e che rischiano di non essere spesi in tempo utile: in ogni caso, questi fondi potranno essere utilizzati soltanto per il Sud.

Lo strumento sarà ancora una volta il credito d’imposta per le assunzioni a tempo indeterminato. E solo per i nuovi assunti, perché il bonus fiscale non sarebbe previsto, ad esempio, per la trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato. L’ultimo tassello del piano è la riforma dei servizi per l’impiego. Secondo il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, vanno potenziati: se in Germania funzionano, ha spiegato il ministro, è perché lì si spendono ogni anno 5 miliardi di eurom, a fronte dei soli 500 milioni italiani. Le risorse necessarie, e quelle aggiuntive per gli sgravi fiscali, potrebbero venire dalla Ue. Al Consiglio europeo di giovedì Letta chiederà di accelerare i programmi di spesa, puntando a ottenere per l’Italia almeno altri 500 milioni di euro.
Infine c’è il nodo Iva, per nulla trascurabile, visto che su quello si giocano gli equilibri a breve termine con il Pdl. «Serve una larga intesa» ripete da giorni il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, perché il problema è trovare risorse, soprattutto dopo il «salasso» della sospensione dell’Imu e per il pacchetto lavoro. Saccomanni non dà cifre ma dal Tesoro filtra che i tecnici del ministero sarebbero comunque riusciti a recuperare i fondi, circa 1 miliardo, necessari a sostenere un rinvio dell’aumento dell’Iva di tre mesi. La decisione comunque sarà «collegiale» come lo sarà l’eventuale assunzione di costi più gravosi. Nelle casse dello Stato non ci sono infatti «tesoretti» o riserve, ma solo capitoli di spesa e di entrata per eventuali recuperi.

Si pensa insomma a una nuova spending review contro gli sprechi e le inefficienze, anche se – si deve dire – questo termine sotto il governo Monti ha significato molto spesso e semplicemente il taglio di servizi pubblici essenziali. Il nuovo Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, sta facendo le pulci al bilancio per capire se ci sono margini. Un’altra voce che darà risorse – non certo a costo zero per i contribuenti – sarà il taglio delle agevolazioni fiscali. Va sempre considerato il vincolo del 3% del rapporto deficit-Pil, che per il 2013 non offre grandi spazi, e si dovrà ancora verificare per il 2014. Tra l’altro, proprio in questi giorni il famigerato spread è tornato a salire, il che significa tassi di interesse più alti sui titoli di Stato e quindi un appesantimento ulteriore del debito pubblico. Per questo al Tesoro si guarda con attenzione anche alle prossime aste di Bot, Btp e Ctz in programma la prossima settimana, per 18,5 miliardi di euro complessivi.