Il rischio che sui voucher la situazione precipiti, con esiti imprevedibili e comunque esplosivi, c’è tutto. In attesa che arrivi l’emendamento «di mediazione», promesso dal relatore Mauro Guerra per la tarda serata e poi slittato a stamattina, la situazione è quella classica dell’attimo di immobilità carica di tensione che potrebbe preludere tanto a una distensione quanto all’inizio della sparatoria. La ministra dei Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro ha cercato ieri per tutto il giorno di ricucire: alla fine dai suoi uffici traspariva un cautissimo ottimismo, «alla fine una mediazione si dovrebbe trovare». Ma è impossibile dire se si tratti di ottimismo solo d’ordinanza o con qualche fondamento.

L’Mdp, in attesa del nuovo testo, ha deciso di disertare le votazioni sulla manovrina in commissione. «Non parteciperemo ai lavori fino a che il relatore non avrà sciolto il nodo Voucher», annuncia Arturo Scotto e Roberto Speranza chiarisce che non si tratta solo di un gesto dimostrativo: «Non c’è fiducia che tenga. C’è un punto di metodo che va anche oltre il merito. C’è un vulnus pericolosissimo relativo all’art. 75 della Costituzione, che disciplina il referendum abrogativo. È un gioco delle tre carte in nessun modo sostenibile». Significa che gli scissionisti chiedono che, come da accordi presi quando furono cancellati i voucher per evitare il referendum, i buoni-lavoro non vengano reintrodotti in nessuna forma. «Si sta combinando un gran pasticcio», ha tagliato corto Susanna Camusso lasciando Montecitorio dove aveva assistito, dalla sala antistante, alla seduta della commissione Bilancio (con tanto di rumorose proteste dell’M5S).

Anche nello stesso Pd la decisione di reintrodurre a sorpresa i voucher ha creato sconcerto e irritazione. Gli orlandiani meditano di seguire l’esempio dell’Mdp e di sottrarsi alle votazioni in commissione, pur assicurando la fiducia. Lo stesso relatore Guerra non è affatto contento dell’emendamento della discordia Tinagli-Di Salvo che consente l’uso dei buoni perle imprese con meno di 5 dipendenti fino a un tetto di 250mila euro per committente. Ci sono, è vero, clausole che dovrebbero limitarne la diffusione nell’edilizia e negli appalti ma, come sintetizza la segretaria della Cgil «sono piene di scappatoie».

In mattinata il capogruppo Pd Rosato si era detto pronto a ritirare l’emendamento se il governo lo avesse chiesto, per smentire le voci di tensioni forti tra Renzi e Gentiloni. Quella richiesta però non è arrivata. La Finocchiaro si è limitata ad assicurare che «tra Pd e governo non c’è alcuna tensione» e che «l’emendamento che verrà presentato rispecchierà totalmente la volontà del governo». Di tensione in realtà ce n’è parecchia, e in entrambe le direzioni. Il governo ha dovuto subire le pressioni del Pd per reintrodurre i buoni, anche se il partito si era assunto l’onere di avanzare da solo l’impopolare proposta. Il Nazareno è inviperito con il governo perché ritiene che il ministro del Lavoro Poletti non abbia fatto nulla per preparare il terreno con la Cgil. Ma sulla reintroduzione dei voucher partito e governo concordano e infatti le bozze di testo che circolavano ieri sera non si scostavano nella sostanza dall’emendamento presentato da Tinagli e Di Salvo. A complicare le cose è il sospetto, inevitabile, che la vicenda sia stata costruita ad arte per far saltare il governo e arrivare così subito alle elezioni. Senza dover pagare lo scotto di un accordo con Berlusconi, passo politicamente molto pericoloso per Renzi, e con la legge elettorale che secondo molti è da sempre la preferita dal segretario Pd: quella ricavata dai tagli della Consulta.

Dal Pd smentiscono con sdegno, e per comprovare mostrano il loro pallottoliere. Dice che al Senato la fiducia sui voucher ci dovrebbe essere, con ben 165 voti, anche senza Mdp. Quella sì che sarebbe la quadratura del cerchio per Renzi. Il governo sarebbe a quel punto di fatto morto e le elezioni immediatamente dopo la pausa estiva verrebbero blindate, con o senza patto con Berlusconi. Che poi uno scontro frontale con la Cgil e il tradimento dell’accordo per evitare il referendum siano per il Pd il miglior viatico, però, non è affatto certo.