Governo e maggioranza fanno finta di litigare sul Jobs act. Ncd e minoranza Pd tirano per la giacchetta il ministero del Lavoro per una semplice vittoria di Pirro.

L’oggetto del contendere è l’emendamento annunciato dal sottosegretario Teresa Bellanova sui licenziamenti disciplinari. Una semplice «riformulazione» senza novità nel merito rispetto alle posizioni già espresse nella Direzione del Pd che ha chietato la minoranza. Prevederà quindi il reintegro nel caso di «licenziamenti disciplinari per un motivo dichiarato da un giudice nullo o inesistente», mentre ci sarà invece «un indenni crescente in base all’anzianità per quelli economici».

L’unica differenza riguarda il fatto che il governo doveva fare propri alcuni emendamenti già presentati e invece ha deciso di presentarne uno suo che sintetizza il testo.

Ma la notizia basta perché Maurizio Sacconi protesti: «L’annuncio della sottosegretario Bellanova non corrisponde a quanto concordato. Se vedessimo un testo diverso da quello che conosciamo ce ne andremmo dalla Commissione e si aprirebbe un bel contenzioso nella maggioranza», spalleggiato perfino da Irene Tinagli di Scelta Civica.

A questo punto Bellanova è costretta a precisare: «Faremo una riformulazione sulla base delle cose che il governo dice dal primo momento. Le fattispecie per il reintegro le scriveremo nei decreti delegati. Non capisco le ragioni del pandemonio che si è creato».

Sempre ieri è stato deciso che il Jobs act dovrà essere approvato dalla Camera entro il 26 novembre, «data di mediazione», come ha spiegato la presidente, Laura Boldrini, accogliendo così la richiesta del governo di approvare la delega prima della legge di stabilità. Ma Sel si prepara all’ostruzionismo: useremo «tutti gli strumenti che i regolamenti parlamentari mettono a disposizione», annuncia Giorgio Airaudo.