La copertura politica chiesta dal ministro dell’Economia Giovanni Tria per lo stop all’Iva e l’introduzione della «Flat tax» è stata rivotata ieri alla Camera con 272 sì, 122 no, tre astenuti. Lega e Cinque Stelle si sono approvati una risoluzione a futura memoria dove impegnano l’esecutivo «a continuare, nel disegno di bilancio per il prossimo anno, il processo di riforma delle imposte sui redditi e di generale semplificazione del sistema fiscale, alleviando l’imposizione a carico dei ceti medi». Il tutto nel rispetto «dei vincoli di finanza pubblica come definiti nel Documento di Economia e Finanza (Def)». La risoluzione è il rinnovo del patto di sangue tra alleati di contratto. In questa chiave si spiega anche il voto sull’impegno, contenuto nella stessa risoluzione, a portare a termine il percorso dell’«autonomia differenziata” richiesto da Lombardia, Veneto e Emilia Romagna che sta producendo un vastissimo fronte di opposizione, a cominciare dalla scuola.

Sul fronte economico nessuna idea, per il momento, su come finanziare la «flat tax» e dove tagliare le detrazioni fiscali, la spesa pubblica, senza contare le dismissioni e privatizzazioni extra-strong annunciate, Un guscio vuoto condito di dichiarazioni di intenti per fare quadrare il cerchio tra le proposte divergenti sulla promessa elettorale di Salvini e l’idea che possano essere finanziate in una congiuntura dove la crescita rischia di essere negativa, il deficit e il debito pubblico salgono, mentre l’esecutivo si è impegnato a rispettare i parametri del patto di stabilità con la Commissione Ue.

In uno dei giorni politicamente più difficili per i populisti gialloverdi, quello di ieri è stato un passo necessario per rimediare al caos provocato mercoledì scorso dall’audizione al Senato di Tria: il Def, ora, contiene l’aumento record della tassa pari a 23 miliardi finché non ci sarà una «decisione politica su dove si tolgono le risorse e dove si vogliono mettere». Il nodo non è stato sciolto, se non a parole.

Intervenendo alla Camera nel corso del dibattito sul Documento di economia e finanza Tria ha rilanciato la speranza di una crescita nel secondo semestre 2019, la stessa che secondo il Def è stata fissata allo 0,2%. In ogni caso non ci sarà una «manovra correttiva perché era evidente che di fronte al rallentamento forte dell’economia non si fanno manovre fiscali restrittive e questo non lo chiedeva neppure l’Europa, lo si chiedeva solo qui» ha detto Tria alludendo alle opposizioni.

In vista di un «lieve miglioramento rispetto al deficit strutturale» richiesto dalla Commissione Ue l’unica «manovra correttiva» «è quella contenuta nei due decreti «Sblocca cantieri» (riapprovato ieri dal Cdm a Reggio Calabria paer la seconda volta) e quello ancora fantasma sulla “Crescita” che dovrebbe essere approvato la settimana prossima. Forse. Da entrambi il Def ritiene di potere ottenere una crescita dello 0,1%. Una prospettiva ritenuta al momento sufficiente. La formula, geniale a suo modo, per descrivere una contraddizione, è stata coniata da Tria: «Poiché non abbiamo spazio fiscale e bisogna mantenere gli impegni di finanza pubblica – ha detto – non facciamo nemmeno manovre espansive». È l’immagine dello stallo.

Tutto è rimandato a dopo le europee sempre che questo governo regga le tensioni implosive che lo animano. Solo lontano dalle urne, e comunque al termine di un percorso che si annuncia tormentatissimo, potrà essere sciolto il doppio vincolo tra la Flat Tax e le clausole Iva, tra l’obbligo al rispetto dei patti austeri con Bruxelles e l’esigenza di rispettare le promesse elettorali contrastanti di Lega e Cinque Stelle. «Credo che il ministro Tria abbia detto la verità: i conti non tornano – ha detto il segretario della Cgil Maurizio Landini – Ha detto quello che gli altri nascondono». L’aumento dell’Iva per fare la flat tax «non ci vede assolutamente d’accordo. Bisogna andare a prendere le risorse dove sono», portando avanti una «vera» lotta all’evasione fiscale e facendo una «seria» riduzione delle tasse sui redditi da lavoro e da pensione, rispettando «il principio costituzionale della progressività», ha evidenziato Landini.

La viceministra all’economia Castelli (M5S) gli ha risposto che la lotta all’evasione è considerata dal governo (che ha fatto 12 condoni): «Dall’anagrafe rafforzata ai controlli sul reddito di cittadinanza. Vogliamo ridare maggiore giustizia sociale. Sono certa che piacciono anche alla Cgil». Sulla progressività la risoluzione votata ieri dalla Camera è chiara: non sono previste «misure di incremento della tassazione sui patrimoni»