Da ieri è l’ottantesimo «porto sicuro» tedesco pronto ad accogliere i profughi soccorsi nel Mediterraneo. Ma anche la “prigione” dove si può deportare semi-clandestinamente un ragazzino perfettamente integrato nella comunità locale.

È il clamoroso paradosso di Gottinga, antica città universitaria della Bassa Sassonia e storica roccaforte socialdemocratica. Così vicina all’iniziativa del movimento Seebrücke al punto di trasformarla in porto sicuro con la mozione che domani verrà approvata dal consiglio comunale, e così lontana dalla realtà quotidiana di Suleiman Y., rifugiato del Sudan, regolarmente iscritto alla scuola media e super impegnato anche nello sport.

Lunedì mattina la polizia si è presentata a casa sua con il mandato di arresto e biglietto di sola andata per il centro di detenzione di Langenhagen, vicino ad Hannover, in attesa dell’espulsione in Italia ai sensi del regolamento di Dublino.

Per protestare contro il suo rimpatrio forzato sono scesi in piazza oltre centocinquanta persone, a partire dai giocatori del Göttingen 05 che hanno fatto squadra intorno al loro centravanti.

Cartelli, bandiere e slogan contro «l’assurdità dei ricollocamenti che equivalgono a “mescolare” le persone tra gli stati dell’Unione europea» come ben riassume Jasmin Kaatz, portavoce della Ong «Alleanza contro la deportazione».

Davvero una brutta ombra, impossibile da occultare con la pur luminosa luce del faro umanitario che verrà acceso tra 24 ore dai consiglieri di Spd, Verdi e Linke, con la previsione del voto contrario da parte della Cdu.

Lo status di «porto sicuro», sull’onda di Hannover, Cuxhaven, Braunschweig, Oldenburg, Cloppenburg, Aurich, Osnabrück e altre sette città della Bassa Sassonia. Un provvedimento rimasto in calendario oltre un anno, rilanciato ieri con la promessa di una partnership non più solo simbolica.

Gottinga finanzierà con fondi propri una nave di salvataggio, oltre al fondo per Seebrücke che verrà stanziato già all’inizio del mese prossimo. La maggioranza formata da Spd e Verdi ha trovato il pieno accordo sull’«invio di un segnale di umanità da una città cosmopolita fondata sull’integrazione e la diversità. Non possiamo più girare la testa davanti al dramma nel Mediterraneo. Fare la nostra parte a livello locale è diventato un obbligo morale» sancisce il capogruppo Spd, Tom Wedrins.

Sulla stessa linea il consigliere dei Verdi, Thomas Harms, che ieri ha denunciato i tempi troppo lunghi della politica: «In mare insieme alle persone stanno scomparendo gli stessi valori europei. Solamente oggi, in forte ritardo, ci assumiamo la responsabilità della mancata assistenza, di accordi di libero scambio sleali e dei danni climatici provocati dai paesi occidentali».

Eppure dovrebbe fare egualmente riflettere il rilievo di «Alleanza contro la deportazione» che sposta la puntina sul “lato B” di Gottinga. «Norme come il divieto di lavorare o le restrizioni alla libertà di movimento schiacciano anche le persone che si sono integrate definitivamente. Suleiman è scappato dal Sudan, abita a Gottinga dal 2017, gioca a calcio, frequenta la scuola. È stato arrestato senza aver commesso alcun reato».

Un modello di successo anche a sentire il suo allenatore: «Sempre super impegnato. Non ha mai mancato un singolo un allenamento». Indistinguibile, peraltro, dagli altri ragazzi «con gli stessi jeans strappati e il poster della nazionale tedesca» raccontano i compagni dello “Göttingen 05”.

Non così per l’Ufficio stranieri del comune che ha definitivamente respinto la domanda di asilo di Soliman. «Deve lasciare la Germania entro pochi giorni. A causa di numerosi tentativi falliti di espulsione riteniamo che ci siano le condizioni sia per la detenzione che per il trasferimento» dice la burocrazia.