“O Gorizia tu sei maledetta/ per ogni cuore che sente coscienza/ dolorosa ci fu la partenza/ e il ritorno per molti non fu”. Così cantavano gli anarchici la mesta marcia dei fanti mandati al macello nella prima guerra mondiale. O Gorizia tu sei maledetta fu riproposta dal Nuovo canzoniere italiano al festival di Spoleto del ’64. Il racconto che ne ha fatto Giovanna Marini oggi fa un po’ ridere, ma dà l’idea del clima: “Michele Straniero cantò una strofa di ‘Gorizia’ che diceva: ‘Traditori signori ufficiali / voi la guerra l’avete voluta / scannatori di carne venduta / questa guerra ci insegni a punir’ nella sala che era piena di allievi ufficiali perché lì c’era la scuola. Scoppiò l’inferno. Spoleto era un festival di musica classica, c’era la nipote di Toscanini, molte signore bene tra cui una che disse: ‘Non ho pagato un biglietto da mille lire per sentir cantare sul palcoscenico la mia donna di servizio’.

Non si era mai vista una cosa del genere. Però c’erano anche dei partigiani: c’era Bocca, c’era Mosca e nel loggione c’era la famiglia dei Piadena, numerosissimi e comunisti. Da sopra hanno iniziato a cantare Bandiera Rossa, hanno buttato giù delle sedie, da sotto hanno incominciato a cantare Faccetta Nera”. Ancora più incandescente – lo ha raccontato al Manifesto Marinella Salvi – il clima quando il Giro passò da queste parti nel ’46.

La tappa a Gorizia ci arriva da Grado, classico percorso mangia-e-bevi. Noi che siamo al seguito ci si potrebbe anche sedere sotto il pergolato di un’osmiza a mangiare uova sode, salame e pecorino e bere vino, che tanto il copione è bello che scritto: fuga massiccia alla partenza per giocarsi l’alloro di giornata, e, nel gruppo dei big, a spasso mentre sulle strade del Friuli si chiede verità per Giulio Regeni. Qualche sussulto ce lo regala la partenza della corsa: caduta di massa dopo pochi metri. Ci rimette più di tutti Buchman, sesto della generale. La giuria decide per la neutralizzazione, tra l’incazzatura dei corridori già in fuga.

Finito il lavorio delle ambulanze si riparte di gran carriera, e si riparte da dove ci si era interrotti, con la fuga di giornata che riesce senza troppe baruffe. Già scritto il copione dello svolgimento della tappa e, al suo interno, lo svolgimento della fuga: sono in tre le squadre rappresentate da più di un esponente, e proprio tre corridori di queste squadre, Campenaerts, Riesebeek e Torres, si liberano del resto della compagnia. Sull’ultima salita si coalizzano Campenaerts e Riesebeek per far fuori il terzo, in teoria più veloce. Di lì in poi inizia una stramba sequela di errori, l’ultimo è di Riesebeek che sbaglia l’impostazione della volata e così Campenaerts può trionfare a braccia alzate.