«È arrivata anche una coppia da Firenze in auto per vedere i nostri Serodine». In tal dire s’avverte ed è un torrido pomeriggio della settimana preferragostana, tutta la soddisfazione di chi è consapevole d’aver svolto un buon lavoro allestendo e rifacendo il verso ai curatori, Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, un’altra mostra del caravaggesco pittore di Ascona. A parlare è Alessandra Brambilla, conservatrice della Pinacoteca Züst di Rancate: l’agglomerato urbano della più grande Mendrisio, nel Ticinese e a pochi km dalla frontaliera Chiasso. A tutt’oggi la Pinacoteca Cantonale Giovanni Züst di Rancate è un polo d’eccellenza della Svizzera italiana, grazie alla sua collezione permanente, peraltro ciclicamente rinnovata nell’impaginato espositivo. Infatti, adottando una lungimirante politica culturale, ha saputo rodare negli anni una capacità non comune di coniugare allo studio e alla conservazione di opere – dall’arte antica al Sette-Ottocento – la realizzazione di mostre che si aprono a scoperte anche novecentesche come accade a quella dedicata all’asconese d’adozione, «Gordon Mc Couch. Un americano ad Ascona, 1885 – 1956», oggi allestita al suo secondo piano (visitabile fino al 30 agosto). Dunque, un asconese tira l’altro e un piano sopra alla visione anti-tatami e ad altezza d’uomo del «lago» dei monumentali Serodine, allestita da Stefano Boeri (ne ha dato conto su Alias Domenica qualche settimana fa Giuseppe Frangi), lo sguardo s’infrange davanti alla discontinua coerenza pittorica moderna di Mc Couch.

Queste sono solo alcune delle prime contraddizioni che s’avvertono nel percorso espositivo curato da Claudio Guarda, che però sembrano sfumare nell’osservazione d’insieme delle tele paesaggistiche, collocate in sorprendente continuità con la, finora più che citata, mostra «Serodine nel Ticino» e narrata dalla copertina «alternativa» del catalogo di quest’ultima. Sebbene tra i due artisti ci siano quattro secoli di distanza e un oceano di mezzo, il paesaggio ticinese sembra essere rimasto, nettato con il collirio del realismo dallo sguardo deformato delle avanguardie artistiche di inizio XX secolo, identico nell’orografia dei luoghi. Quando Mc Couch muore nel 1956, le autostrade e i corridoi tecnologici saranno ancora di là a venire e saranno più spostati sul confine italiano a rigare – per dirla alla Zanzotto – quei campi di colore così caratteristici e forieri di tante soluzioni artistiche.

Ma, questo è solo uno spicchio importante della trentina e più di opere in mostra, tra quadri, un pugno di incisioni, qualche disegno e alcuni regesti bio-bibliografici e documentali, testimonianti l’attività del pittore americano. Quando la complessità della sua opera sembra affliggersi in uno stato febbrile, di sodalizi e incontri «fuori tempo», dovuto più agli sconvolgimenti della Storia che al suo muoversi tra Stati Uniti e Europa, con puntate in nordafrica, fino a stabilirsi come detto e definitivamente in Svizzera. Mc Couch nasce a Filadelfia nel 1885 da agiata famiglia di professionisti, il padre è un noto avvocato della città e nella sostanza avversa la scelta del figlio di frequentare le scuole d’arte e di impiegarsi come illustratore. Questa professione gli darà, soprattutto a New York, facili guadagni. L’artista se ne ricorderà quando, nel 1933, dipingerà i suoi grattacieli, non più adamantini e glaciali come quelli del coevo Depero, ma più vicini alla malinconia apocalittica di un Sironi.

Le prime prove convogliano nel realismo americano di fine ottocento, ancora vigile al volger del secolo e non soccombente agli attacchi dell’impressionismo europeo che cominciava a far breccia anche nel «Nuovo Mondo». Felice rappresentazione in mostra è «The scout», tela datata tra il 1904 e l’8, che evidenzia nella figura a cavallo con fucile dell’esploratore consonanze con la pittura di Charles Marion Russell e Frederic Remington, cantori della «frontiera selvaggia», amati anche da Edwin Porter, progenitore del futuro cinema western. «Il duello», risalente al 1910, conserva il tema, ma non l’impianto stilistico che vira verso un europeismo di forme, luci e colori che rimandano alla lezione post-cezanniana, ancor acerba dei «fauves» che di lì a qualche anno influenzeranno anche i pittori svizzeri e parte della produzione dell’americano, ormai residente ad Ascona.

La verifica di ciò è visibile sopratutto negli scorci di strade e case di campagna. D’altronde, Mc Couch era arrivato in Europa, precisamente a Monaco, solo due anni prima. Flirta con i pittori del nascente e purtroppo effimero «Cavaliere Azzurro»; per i destini della storia, militeranno allo scoppio del primo conflitto mondiale in campi avversi. Auguste Macke fu tra i primi a cadere, mentre Franz Marc perderà la vita nella carneficina di Verdun nel 1917. Nel frattempo l’americano si è sposato a Venezia con una russa ed è costretto a tornare in America. L’esercito lo destinerà nelle formazioni poste ad un altro confine: quello con il Messico. Non dimentica l’Europa, vi fa di nuovo ritorno. La Svizzera ed in particolare Ascona è eletta come sua nuova «residenza», dopo essersi allontanato da Zurigo, troppo lontana per la sua indole. Qui costruisce da sé il proprio «buen retiro».

Mc Couch non avrà le ambizioni megalomani di un d’Annunzio o di un Malaparte, così affascinati dalle proprie dimore, ma quest’attività di architetto lo porterà a costruire altre case, tra cui quella destinata ad Emil Ludwig, il celebre autore dei «Colloqui con Mussolini». Purtroppo tutte queste case sono state distrutte. Ascona tra le due guerre diventerà città d’elezione di molti fuoriusciti: da Zweig a Joseph Roth. Il vicino Monte Verità accoglierà una comunità spirituale frequentata da Thomas Mann, Remarque, Gide, Hesse e anche Lenin vi soggiornerà per poco. Jung la eleggerà a meta di sue importanti conferenze.

Dunque, la tranquillità casalinga svizzera , interrotta solo dallo scoppio del secondo conflitto mondiale, porterà l’artista americano a confrontarsi con le maggiori correnti artistiche del suo tempo. Fonderà gruppi tra cui nel ’24 L’Orsa maggiore con l’intento di garantire a tutti gli aderenti facilitazioni nel poter esporre le proprie opere, al contempo non smetterà di dialogare con tardo-espressionisti, futuristi, cubisti, dadaisti e surrealisti. Ma, l’Italia, a Milano esporrà alla Galleria Il Milione, con Valori Plastici, la pittura metafisica, le scuole regionali costituiranno un riferimento costante e originale, rinnovato nelle storie minime, ritratti, scene familiari, piccoli scorci urbani, che dipinge, adoperando nella parte estrema della sua vite tecniche come l’incisione e l’acquarello.