Epilogo che agli addetti ai lavori – ma non solo – era parso inevitabile. Il guru portoghese del pallone, José Mourinho, da ieri non è più l’allenatore del Manchester United, il club ha formalizzato l’esonero in un tweet ufficiale. Le ripetute sconfitte – che hanno trasformato finora la stagione dei Red Devils come la peggiore degli ultimi 30 anni, hanno determinato la fine del «matrimonio». In due anni e mezzo il manager portoghese ha avuto modo di scontrarsi con tutte le componenti del Manchester United, dai giocatori ai dirigenti, dagli ex campioni fino ai tifosi.

ARRIVATO nel maggio 2016 per riportare lustro allo United, allo sbando dopo l’addio di Sir Alex Ferguson, Mou se ne va dopo aver vinto una Coppa di Lega e una Europa League. Poca roba rispetto alle abitudini del trainer. Mourinho non ha mai nascosto di non essersi mai sentito amato, come gli era capitato altrove, né soddisfatto sulle scelte di mercato nonostante lo United – dietro sue direttive – abbia investito 450 milioni di euro per 11 giocatori, sotto la sua gestione. Già in ottobre Mourinho era stato ad un passo dall’esonero, ma una inattesa rimonta casalinga contro il Newcastle (da 0-2 a 3-2), e la tregua successiva con Pogba, sembravano aver riportato il sereno. Solo ipotesi sul suo successore, un nome che porti il club a fine anno sperando di salvare il salvabile. Quindi via al toto-trainer che dovrebbe uscire da una rosa di nomi di grande grido: da Mauricio Pochettino a Diego Simeone, fino a Zinedine Zidane, il favorito secondo i bookmakers.