James Blunt torna dopo quattro anni (il precedente Mooon landing album live e raccolta risale al 2013) con The After love, anche se la sensazione all’ascolto è quella di un artista che sembra aver smarrito quella vena compositiva che – pur in ambito pop – caratterizzava la sua produzione. E nonostante al disco collabori una serie di «eccellenze» del genere, dal fenomeno Ed Sheeran (il suo Divide è uno dei maggiori successi delle ultime settimane) a Ryan Tedder degli One Republic. Pop godibile ma senza la canzone malandrina, alla Goodbye my lover per intenderci, una costante del suo stile malinconico e dolente. Forse in questo nuovo lavoro c’è più ricerca musicale, un tentativo di adeguarsi ai tempi che corrono. Ma non sempre è un bene: Love me better, singolo scelto per il lancio dell’album è l’esempio palese di una rincorsa al mainstream radiofonico che tende ad omologare suoni e ispirazioni. E così anche altre tracce del disco, leggere quanto dimenticabili: da Bartender, passando per Lose my number, sembrano somigliarsi tutti. Troppo. Pop? Moderno? The After love è un album senza luce.