«Gomorra è un film che mi ha segnato la vita. È il frutto di una serie di circostanze uniche e irripetibili. Cerco sempre di mantenere quell’incoscienza iniziale e di esplorare nuovi territori pur mantenendo il mio sguardo e la mia visione». Incontro su zoom, Matteo Garrone sorride parlando di quel suo film dal libro di Roberto Saviano (co-sceneggiatore insieme allo stesso Garrone e a Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Massimo Gaudioso) che nel 2008 oltre a reinventare un «genere» ha segnato un passaggio importante nel suo universo filmico.

E che venerdì 16 verrà riproposto su Raitre – da ieri è disponibile in dvd e Blu-Ray distribuito da Eagle Pictures per 01 Distribution – in una «New Edition» con interventi che Garrone definisce «fondamentali ma invisibili»: cartelli all’inizio, una cinquantina di tagli per dieci minuti in meno, alcune scene rimontate, dei movimenti di macchina che a distanza trovava «fastidiosi».

«PENSO che sia sempre attuale anche rivedendolo dopo tanti anni perché racconta conflitti umani universali, che rimandano agli archetipi. Il libro di Saviano è una grande fiaba nera che sconfina nella fantascienza. Mi aveva affascinato subito la potenza visiva, a volte disumana dei personaggi. E credo sia la ragione della contemporaneità del film» dice ancora il regista. Confidando poi che forse avrebbe preferito fare un Gomorra 1 e 2 per sviluppare meglio certi passaggi come la criminalità femminile ma tornare in quei luoghi dopo il successo del film – Gran Prix al festival di Cannes – era per lui impossibile.

Gomorra la serie che negli anni si è imposta – pure al negativo come esempio di una certa iconografia da cinema italiano legato agli stereotipi – fino a essere più nota del film stesso almeno tra le generazioni più giovani è proprio di segno opposto.

Garrone nel film (protagonisti tra gli altri Salvatore Cantalupo e Toni Servillo) compiva un’immersione nell’immaginario della criminalità, ce ne svelava i meccanismi di (auto) rappresentazione che nella sua visione confinavano anzi sconfinavano in quelli del cinema, in grandi personaggi iconici – come i protagonisti di Scarface – e in una sorta di codici e riti arcaici rimescolati nella postmodernità.

La serie di Sky invece sui codici si adagia e anzi li sclerotizza – un po’ come in passato la figura dell’italiano pasta-valigia di cartone- Lambretta e catcalling alle ragazze straniere. Una differenza sostanziale, e il punto che fa del film di Garrone un’opera fuori dal tempo e un grande film da riscoprire.