I primi titoli, annunciati un po’ alla volta nei giorni scorsi l’hanno subito reso l’appuntamento imperdibile di questa edizione 2015 del Festival di Cannes (13-24 maggio). Dal film di apertura, Les ombre des femmes di Philippe Garrel, una nuova variazione nel corpo a corpo dei sentimenti dell’autore che aveva presentato qui, nel ’69, l’anno della prima edizione, il suo magnifico Le lit de la Vierge. A Trois souvenirs de ma jeunesse di Arnaud Desplechine la cui assenza nella competizione ufficiale ha scatenato sui giornali più di tendenza d’oltralpe, da Liberation a Les Inrockuptibles, molte critiche nei confronti del direttore artistico del festival Thierry Frémaux (in effetti le alternative nazionali sulla carta almeno a questi due autori non sembrano essere così attraenti).

 

E infine c’è stato il caso Le Mille et une nuits, il nuovo film di Miguel Gomes, il cineasta portoghese che è stata proprio la Quinzaine a rivelare presentando (nel 2008) il suo esordio Aquele querido mês de agosto. Già perché stiamo parlando della sezione nata nel Maggio Sessantotto, quando registi come Godard e Truffaut avevano occupato la Croisette rivoluzionando gli immaginari. La tendenza si conferma scorrendo il programma presentato ieri dal direttore artistico, Edouard Waintrop: diciassette lungometraggi e undici corti, nessun italiano, per una selezione che mescola le carte nel segno del cinema indipendente (quello delle origini) tra esordienti o quasi, e autori affermati come Sharunas Bartas di cui vedremo Peace to Us in Our Dreams.

 

Del resto la «regola» che voleva la Quinzaine come un laboratorio di scoperte – dove sono passati i primi Jarmush o i primi Oshima – nel tempo è cambiata da quando almeno la selezione ufficiale si fa sfuggire grandi registi coi loro film che si rivelano puntualmente più forti di quelli in gara. È accaduto lo scorso anno con John Boorman, o col magnifico La storia della principessa splendente l’animazione di Isao Takahata una delle anime dello studio Ghibli, anche perché la selezione ufficiale (concorso) si impone molte limitazioni, niente animazione né tantomeno, dalla «famosa« Palma a Michael Moore, documentari. Ovviamente poi ci sono le questioni di gusto, e soprattutto quelle dei complicati equilibri politici tra grosse coproduzioni ecc, partita che peraltro è comune ai grandi festival, e che a Cannes diviene ancora più centrale visto l’alto numero di coproduzioni francesi in gioco, elemento di forza nelle contrattazioni ma anche di obblighi.

 

Veniamo alla Quizaine numero 47, sotto il segno di Jia Zhangke a cui verrà consegnata la Carrozza d’oro nel corso della cerimonia di apertura, con la proiezione del suo Platform e la masterclass del regista cinese – in corsa per la Palma col nuovo Mountain May Departs.
Molte prime mondiali, due internazionali, i film americani (arrivano da Sundance), Dope di Rick Famuyiwa, thriller comico ambientato a Los Angeles (in chiusura). E Songs My Brothers Taught Me di Chloe Zhao girato tra i nativi americani. É una prima mondiale invece Green Room di un pupillo della Quinzaine, Jeremy Saulnier (Blue Ruin).

 

 

Dalla Turchia Mustang, opera prima di una regista, Deniz Gamze Erguven, che si confronta con intolleranza e tradizioni in uno sperduto villaggio del suo Paese. Cilena è Marcia Tambutti, autrice (tre le cineaste nel cartellone) di Allende, mi abuelo Allende, ritratto del nonno, Salvador Allende. E al Cile è dedicata la Factory 2015.
Ancora America latina in El abrazo de la serpiente, ambientato nella foresta amazzonica, del regista colombiano Ciro Guerra (The Wind Journeys).

 

 

Un ritorno è quello di Jaco Van Dormael, Caméra d’or col suo primo film, Toto le Heros che presenta Le Tout Nouveau Testament, una satira sulla religione nella quale dio vive a Bruxelles. Waintrop assicura che fa «morire dal ridere», un po’ come, Yakuza Apocalypse: The Great War of the Underworld, evento speciale di Takashi Miike. Da tenere d’occhio Much Loved di Nabil Ayouch, radici marocchine – lui è nato a Parigi- che con Ali Zaoua prince de la rue ha vinto il Fespaco, il festival del cinema africano, nel 2011.