Altri tre ordini di cattura per il tentativo di assassinio contro il presidente venezuelano, Nicolas Maduro. I ricercati sono l’avvocato Gustavo Tarre Briceño, l’ex governatore dello stato Carabobo, Henrique Salas Römer, e Robert Alonso Bustillo. Figure legate all’opposizione, i cui nomi sono stati diffusi dal presidente del Parlamento, Diosdado Cabello, durante il suo programma televisivo settimanale. Da marzo, è in corso una vasta inchiesta, sollecitata dalla leadership di governo a seguito delle relazioni di intelligence in merito a piani di golpe. Dagli inizi di febbraio, l’opposizione oltranzista ha infatti cercato di infiammare il paese con proteste violente, che hanno provocato 43 morti e circa 800 feriti. Obiettivo, la «salida», l’uscita di Maduro dal governo in un Venezuela reso ingovernabile.

Un obiettivo lanciato da Leopoldo Lopez, Maria Corina Machado e Antonio Ledezma: tre leader di opposizione in lotta per il potere all’interno della Mesa de la unidad democratica (Mud). Una coalizione variegata e litigiosa che ha facilmente voltato le spalle al suo maggior rappresentante, Henrique Capriles Radonski, due volte perdente nella competizione per la presidenza: prima con Hugo Chavez (scomparso il 5 marzo del 2013) e poi con Nicolas Maduro.

Lopez è finito in carcere come uno dei mandanti delle proteste e il suo processo è fissato per il 23 luglio. Machado è stata destituita dal suo ruolo di parlamentare per violazione della costituzione: per aver accettato l’invito dell’allora presidente del Panama, Ricardo Martinelli e aver parlato all’Organizzazione degli stati americani (Osa) in rappresentanza del suo paese e contro il governo Maduro, senza essere stata delegata dal Parlamento. Antonio Ledezma continua a fare il sindaco della Gran Caracas e a cercare tribune mediatiche per riproporre «la salida».

Cabello ha affermato che per oggi, giorno in cui il Venezuela festeggia la firma dell’indipendenza, il partito di Lopez, Voluntad Popular, sta organizzando attività «di sabotaggio, insieme a un gruppetto di estrema destra». Secondo il presidente del Parlamento, anche gli oltranzisti hanno pronta una loro rete informativa «per quando Lopez sarà presidente, ovvero l’anno del poi, il mese del mai». Cabello ha anche rivelato lo svolgimento di una nuova riunione, a Madrid, tra i rappresentanti della destra venezuelana e quella spagnola, capitanata dall’ex presidente José Maria Aznar.

Quella delle reti golpiste finanziate e pilotate dall’estero è una delle principali piste emerse dall’inchiesta. Per realizzarli, politici, imprenditori e oppositori, dentro e fuori dal paese, hanno messo a disposizione «fondi milionari» con i quali hanno portato avanti «diversi progetti terroristici». Così hanno spiegato alla stampa i vertici del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv), a fine maggio. In quell’occasione, hanno mostrato i risultati di una serie di intercettazioni, postali e ambientali. E’ emerso il ruolo centrale di Machado, grande sponsor degli Stati uniti: l’unica che si è presentata recentemente dal giudice e ha risposto alle domande per circa 8 ore. «Non vede l’ora di essere arrestata per assumere il ruolo della perseguitata», ha commentato in precedenza Cabello.

Secondo l’inchiesta governativa, a guidare i passi della ex deputata di estrema destra c’era soprattutto l’ambasciatore Usa, Kevin Whitaker, attualmente di stanza in Colombia. L’uccisione di Maduro – hanno spiegato i leader chavisti – avrebbe prodotto una situazione di violenza indiscriminata di cui la destra avrebbe approfittato. Whitaker avrebbe anche suggerito gli articoli del giornalista di opposizione Nelson Bocaranda, all’origine delle violenze post-elettorali scoppiate dopo la vittoria risicata di Maduro su Capriles e amplificate da quest’ultimo. Il ruolo di Whitaker era già emerso dai cablogrammi consegnati a Wikileaks dall’ex soldato Usa Bradley Manning (ora Chelsea).

Come riassume il sito che sostiene Manning (ww.refusingtokill.net), dal 2006, Washington ha usato e finanziato un programma in cinque punti per sovvenzionalre oltre 300 Ong: «Per penetrare dalla base la politica di Chavez, proteggere gli interessi vitali degli Usa» nel paese petrolifero e «isolare Chavez a livello internazionale». Il leader bolivariano viene citato in circa 6.000 documenti del Cablogate, e il Venezuela è risultato al centro delle attenzioni Usa anche nelle successive rivelazioni del Datagate. La Mud ha criticato la decisione dei giudici in merito ai tre ordini di cattura e ha difeso i ricercati. In molti, però, nell’alleanza di opposizione – a cominciare da Capriles – hanno considerato un errore la «salida» e hanno constatato l’esaurirsi della violenza di piazza.

Intanto, «il governo della strada» di Maduro, continua a valorizzare le misure sociali. Ieri è stato aumentato il salario anche agli operai e agli impiegati del settore pubblico, dopo l’aumento delle retribuzioni minime e delle pensioni. Il Parlamento sta discutendo misure per valorizzare la giustizia indigena nelle comunità native del paese. Il governo sta anche riuscendo a rimpatriare la pietra Kueka, simbolo sacro per i Pemon, finita in Germania. A livello internazionale, il ministro degli Esteri, Elias Jaua, ha portato a casa l’entrata del Salvador (ora governato dall’ex guerrigliero Sanchez Céren) nell’alleanza Petrocaribe, che consente ai paesi membri di ricevere petrolio da Caracas a prezzi solidali. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, ha inviato le felicitazioni di Washington per i 203 anni di indipendenza del Venezuela: Washington – ha detto allusivamente – «s’impegna a dare appoggio a tutti i venezuelani nella loro ricerca per un futuro più democratico e prospero».