Le immagini scorrono nel piccolo schermo del computer sul tavolinetto da lavoro per rimbalzare su quello grande a plasma: sono le immagini di nove cortometraggi che lo stesso Jean-Luc Godard ha scelto per la proiezione a loup nello Studio di Orfeo, insieme al suo ultimo film Le Livre d’image, proposto anch’esso con la stessa modalità, un po’ come nell’installazione pensata a inizio anno per il Festival di Rotterdam; lì era un salotto di casa nel quale si entrava a piccoli gruppi per rivedere il film sullo schermo televisivo – la distinzione del resto Gordard l’ha superata da tempo nel continuo ready-made della propria opera, e della storia del cinema in generale – qui è appunto il suo atelier.

I TITOLI: On s’est tous défilés (1988), in cui JLG con la luce di Caroline Champentier filma (e commenta) la collezione di Marithe & Françoise Girbaud fondendo abiti, modelli, i volti dei due creatori, immagini di passanti, la musica di Sonny Rollins, le parole di Baudelaire. Je vous salue Sarajevo (1993) – realizzato a partire dalle polemiche intorno alle fotografie di Ron Haviv scattate in Bosnia. Una presa di posizione (politica, poetica) forte sull’arte e sulla sue eccezione. Les enfants jouent a la Russie (1993), ovvero la storia del cinema russo e un film impossibile sulle tracce di Anna Karenina. The Old Place (1998), nel quale a partire da un film-saggio sul ruolo dell’arte alla fine del XX secolo, commissionato dal Moma, Godard e Anne-Marie Miéville interrogano il significato delle immagini. De l’origine du XXI siècle (2000) coi testi di Bataille e di Bergson, commissionato dal Festival di Cannes, è nelle parole dello stesso Godard: «Il tentativo di coprire il ricordo dei terribili delitti d’ogni tipo commessi dagli uomini con volti di bambini e lacrime e sorrisi di donne» destinato però a fallire perché non esiste un rimedio agli orrori del secolo scorso.

«LIBERTÉ ET PATRIE» (2002), firmato sempre insieme a Mièville, è un gioco di specchi tra lo slogan del cantone di Vaud, in Svizzera, un importante romanzo del 1911 dello scrittore svizzero Charles Ferdinand Ramuz su un pittore immaginario, Aimé Pache, l’opera e la vita dello stesso Godard (sua è la mano che dipinge).
Un bonne a tout faire (2006) utilizza delle immagini girate nell’81 durante una visita agli studi di Coppola. Vrai faux passeport (2006) è pensato per la mostra al Pompidou di Parigi– Voyage (s) en utopie: i «promossi» e «bocciati» nella storia del cineme secondo JLG. Une Catastrophe (2008) viene realizzato come trailer per la Viennale di quell’anno, 60 secondi tra La corazzata Potemkin e Uomini di domenica (Siodmak e Ulmer, 1929).