A sorpresa, l’Unione europea autorizza l’uso del glifosato per altri 5 anni, la licenza è prolungata come volevano la Commissione e la lobby agro-chimica. È il risultato del voto del comitato d’appello, ieri a Bruxelles.

18 paesi hanno votato a favore della proposta della Commissione, 9 contro (tra cui Francia, Italia, Austria, Belgio, Lussemburgo) e uno si è astenuto (Portogallo). La Germania ieri ha votato a favore, facendo pesare la bilancia a favore del rinnovamento della licenza, mentre nelle votazioni precedenti Berlino si era astenuta.

La Germania ha cambiato posizione dopo aver fatto introdurre nel testo del rinnovamento un vago riferimento al «rispetto della biodiversità».

La Germania, con Gran Bretagna, Olanda, Spagna, Danimarca, ha fatto la scelta dell’industria contro la salute.

È la conseguenza della fusione Monsanto-Bayer, gigante tedesco (e probabilmente anche del fallimento delle trattative tra la Cdu di Angela Merkel e i Grünen per la formazione del nuovo governo). «Uno scandalo» hanno commentato le organizzazioni ambientaliste.

È «la vittoria del business contro la scienza» ha affermato l’eurodeputato José Bové.

La Francia, sconfitta, vuole continuare da sola: «Poco importa il voto di oggi – ha detto la sottosegretaria, Brune Poirson, del ministero dell’Ecologia – la Francia è decisa a uscire dall’utilizzazione di questa sostanza in meno di 5 anni».

Per il Lussemburgo, malgrado il voto, «la lotta continua». Il Parlamento europeo ha l’intenzione di chiedere una commissione d’inchiesta per avere un accesso agli studi scientifici sul glifosato.

FINISCE COSÌ, dopo due anni di polemiche, il braccio di ferro attorno al pesticida prodotto dalla Monsanto, che l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) considera cancerogeno, ma che gli esperti della Ue hanno al contrario promosso sulla base di expertises che però non erano altro che un copia-incolla di documenti prodotti dalla stessa Monsanto.

Lo scandalo del copia-incolla è esploso al parlamento europeo a ottobre, durante le audizioni degli esperti, grazie alle rivelazioni, uscite un mese prima, dell’ong austriaca Global 2000.

A fine ottobre, sull’onda di una petizione di cittadini con più di un milione di firme contro il glifosato, l’Europarlamento aveva votato una risoluzione, non vincolante, dove chiedeva alla Commissione di «adottare le misure necessarie all’eliminazione progressiva della sostanza attiva glifosato nell’Unione europea entro il 15 dicembre 2022 al più tardi, e di assicurarsi che l’utilizzazione di glifosato venga proibita a partire da questa data».

I 5 anni di tempo che il Parlamento aveva accettato di concedere al glifosato sarebbero serviti a esaurire le scorte di questo prodotto e a dare il tempo all’agricoltura intensiva di trovare altre soluzioni.

Con il voto di ieri, i 28 paesi membri cancellano questa richiesta dell’Europarlamento.

Ora il glifosato è autorizzato per altri 5 anni, e nel 2022 si ricomincerà il braccio di ferro per cercare di bloccare il pesticida. Così, se nel 2022 ci sarà un voto favorevole all’abolizione di questa sostanza attiva, ci vorranno ancora altri 5 anni per esaurire le scorte: le lobbies ottengono quello che volevano, ancora 10 anni di utilizzazione senza intralci.

La Commissione, addirittura, in un primo tempo aveva proposto di rinnovare la licenza per 15 anni, poi, su pressione di Francia e Italia, aveva accettato 10 anni, poi 5. Ma, nei fatti, il risultato è quello che voleva Monsanto.

LA COMMISSIONE, ieri, si è detta «soddisfatta, sollevata», dal risultato del voto, che evita a Bruxelles una decisione difficile: se il voto fosse stato negativo, come le volte precedenti (i 28 erano all’ottava votazione), la Commissione avrebbe dovuto decidere da sola, imponendo una scelta non condivisa da tutti.

C’era anche la possibilità di non decidere, lasciando che la licenza arrivasse alla scadenza, il 15 dicembre (con l’eliminazione nel giro di 18 mesi).

Ma in questo caso, c’erano già schiere di avvocati delle 24 società agro-chimiche che commercializzano questo pesticida pronti a fare causa alla Ue, con la prospettiva di una multa per la Ue che avrebbe potuto arrivare ai 15 miliardi di euro.