Quando cala la notte Forza Italia ancora tiene sulla decisione di non votare per Sergio Mattarella e quasi certamente la manterrà anche oltre le 9.30 di stamattina, quando si aprirà a Montecitorio la fatidica quarta votazione. Ieri sera Berlusconi e Alfano, ormai arresosi, si sono sentiti a più riprese con l’obiettivo di trovare una posizione comune e salvare così almeno la ritrovata unità tra i divorziati, e non poteva trattarsi che della genuflessione.

L’orgoglio di Berlusconi ha avuto la meglio, e oggi Fi voterà scheda bianca. Ma per Berlusconi e per l’esercito azzurro, qualunque cosa avesse deciso o possa ancora decidere il capo, la giornata di ieri è stata una disfatta, un 8 settembre, con le truppe allo sbando, gli ufficiali incapaci di imporre una linea, il generalissimo, a Cesano Boscone, messo ogni ora di più nell’angolo.

Il pressing di Renzi è stato martellante. Ha colpito duro sull’Ncd, anche con l’obiettivo di accerchiare l’ex socio del Nazareno. Come in tutte gli assedi, la quinta colonna ha giocato un ruolo importante. In questo caso la colonna infiltrata non era però composta da agenti renziani ma dagli ex democristiani, che nelle file di Fi e Ap sono innumerevoli. Nonché attivissimi a favore dell’ex compagno di scudocrociato: «All’improvviso sono spuntati ovunque gli zombie della Dc», commenta sconsolato a metà mattinata Augusto Minzolini.

[do action=”quote” autore=”Augusto Minzolini”]«All’improvviso sono spuntati ovunque gli zombie della Dc»[/do]

L’ufficio di presidenza di Fi, riunito col capo in collegamento telefonico mentre si svolge la seconda votazione, sa che, nel segreto dell’urna, molti grandi elettori azzurri voteranno per il candidato di don Matteo: i siciliani per solidarietà isolana, i democristiani perché la balena bianca sembra morta ma si è solo inabissata. Tra i ricongiunti dell’Ncd la situazione è anche più devastata. Sono divisi in tre: c’è chi, come Alfano, vorrebbe mantenere la linea della scheda bianca, ma anche chi, come la ministra Lorenzin, batte e ribatte sulla necessità di votare come premier comanda. E infine chi vorrebbe dichiarare guerra e accenna addirittura alla possibilità di uscire dal governo.

La soluzione partorita dallo stato maggiore azzurro è quella di non partecipare al voto, così da controllare le scelte dei singoli possibili traditori. Ma Fitto il duro non ci sta e annuncia che non si sottometterà alle decisioni del gruppo dirigente: «Le riunioni degli uffici di presidenza sono ottime solo se preannunciano dimissioni. I parlamentari di Fi non hanno bisogno di badanti». Quindi i ribelli si autoconvocano a pranzo e fanno sapere che loro, comunque, non si asterranno dal voto. «L’Aventino sarebbe l’ennesimo autogol», spiegherà più tardi Fitto. In realtà tra di loro sono molti quelli che intendono votare per Mattarella, e poco male se c’è qualcosa di davvero surreale in una corrente che mitraglia i dirigenti colpevoli di essersi alleati con chi impone la candidatura Mattarella, e tuttavia quel candidato imposto medita di supportarlo.

L’ammutinamento di Fitto e dei suoi è già una crepa enorme, ma nel primo pomeriggio la situazione diventa assai più grave, perché diventa sempre più evidente che Alfano marcia verso la resa. Berlusconi, dalla sede del suo lavoro socialmente utile, si imbufalisce. Sa bene che il cedimento dell’ex delfino e lo smottamento della sua stessa armata capovolgono la situazione rispetto a 24 ore prima. Giovedì Sergio Mattarella era un presidente imposto dal solo Pd, che per centrare l’obiettivo doveva allearsi con la sinistra di Vendola, legittimando così voci e sospetti su un cambio di maggioranza o almeno di linea politica del governo. Ora a essere isolato, anzi isolatissimo, è proprio Berlusconi.

Nella sala del governo, a Montecitorio, Casini e Sacconi per Area popolare, Toti e il capo dei senatori Romani per Fi fanno il punto. Scoprono rapidamente di non aver quasi più margini di manovra. I centristi annunciano un imminente «gesto distensivo» di Renzi, un comunicato che dovrebbe rendere dignitosa la resa. Fi, comunque, ingrana la retromarcia: dalla non partecipazione al voto alla più morbida scheda bianca. Secondo i calcoli degli stessi forzisti vuol dire che circa un terzo dei voti andranno comunque a Mattarella.

Renzi, in realtà, non ha alcuna intenzione di fare gesti distensivi di sorta. Da 24 ore i suoi più stretti collaboratori gli chiedono quel comunicato che dovrebbe costruire i ponti d’oro per il nemico in fuga e lui rifiuta. Alla fine cede, ma tanto di malavoglia che il testo viene fuori più vago di come non si può. Ap finge di prenderlo sul serio. Fi no. «Il Pd – replica Toti – ha rotto il patto e questo appello è tardivo. Voteremo scheda bianca».

Che gli azzurri lo facciano davvero o cambino idea non è certo indifferente, ma in ogni caso il risultato della sfida resterà invariato: Matteo Renzi ha stravinto.