Il segretario del commercio americano Wilbur Ross ha rilanciato il negoziato per il Ttip, l’accordo di libero scambio tra Stati uniti ed Europa. Durante un’intervista con l’emittente Cnbc ha specificato: «Se ci siamo ritirati dal Tpp (l’analogo trattato con i paesi asiatici ad eccezione della Cina, ndr) non significa che ci siamo ritirati anche dal Ttip».

Si tratta dell’eventuale ripresa di un negoziato che poco prima dell’elezione di Trump, era stato considerato ormai «fallito». Uno dei primi scossoni all’ottimismo era arrivato con la Brexit. Poi era toccato al ministro dell’economia tedesco e vice cancelliere Sigmar Gabriel ritenere i negoziati a un punto morto, sottolineando la necessità per l’Europa di salvaguardare le proprie economie da un’eccessiva mole di richieste americane; poi era stato il turno dell’allora primo ministro francese Valls che aveva chiesto una pausa alle consultazioni.

Il problema, che allora Merkel cercò di depotenziare ricordando l’importanza eventuale di tale accordo, era in realtà già stato sottolineato anche dagli stessi negoziatori europei e dalla determinazione degli Stati uniti nel voler imporre le proprie condizioni (soprattutto per quanto riguardava i big data, oltre che per altre materie di natura puramente commerciale).

Tanto che anche senza le pesanti parole tedesche e francesi, solo in pochi (l’Italia ad esempio) sembravano nutrire fiducia per un accordo condotto in modo segreto e che avrebbe marginalizzato i singoli paesi europei chiamati solo a ratificare per via parlamentare decisioni prese nelle stanze chiuse di Bruxelles e Washington.

Le parole di Ross non sono nuove: ad aprile in occasione della visita negli Usa della commissaria al commercio della Ue Cecilia Malmström, Ross aveva specificato al Financial Times che «il deficit commerciale degli Usa è con Cina, Europa e Asia: è ovvio che per noi ha priorità focalizzarci sull’Europa», rispondendo così alla commissaria Ue giunta negli Usa in cerca di risposte circa la ripresa dei negoziati. Ross aveva dunque aperto un nuovo spiraglio, benché si potessero registrare enormi cautele: Washington sembrava intenzionata ad aspettare le elezioni in Germania, la Ue pareva temere l’impatto presso l’opinione pubblica di una negoziazione con Trump, considerato impopolare nel vecchio continente.

Secondo alcuni le parole di Ross di ieri, invece, costituirebbero un tentativo di riparare alle accuse che Donald Trump ha rivolto proprio ai tedeschi in tema di bilancia commerciale con Washington: il presidente lo ha fatto nel mondo che gli risulta più consono, attraverso un tweet nel quale ha definito «enorme» il deficit, bacchettando nuovamente la Germania di pagare «molto meno di quello che dovrebbero per la Nato e le forze armate».

Gli Usa nel 2016 hanno avuto un deficit commerciale di quasi 65 miliardi di dollari con la Germania, tre miliardi in meno di quello con il Giappone e due miliardi in più di quello con il Messico. Niente a che vedere con i 347 miliardi di dollari di deficit commerciale che gli Usa hanno con la Cina, su cui Trump ha lavorato chiudendo alcuni contratti con Xi Jinping.

E proprio il disavanzo commerciale degli Usa con l’Europa – nel 2016 è stato di 146,3 miliardi di dollari, da inizio anno è di 32,1 miliardi – avrebbe spinto Ross a ricordare la necessità di un accordo globale con l’Unione europea.

Non si tratterebbe di un ripensamento della posizione isolazionista e protezionista di Trump, perché il segretario Ross alla Cnbc ha sciorinato i dati relativi ai deficit commerciali che gli ha consegnto la «Coalition for Prosperous America», un think tank la cui missione è «lottare per un commercio equilibrato e proteggere la sovranità Usa».

Del resto Wilbur Ross durante l’intervista aveva anche specificato alcuni aspetti «tecnici» circa la necessità di tornare a parlare del Ttip: «L’Ue è uno dei nostri partner commerciali principali e qualsiasi negoziato legale deve essere condotto a livello Ue e non con singole nazioni», quindi «ha senso continuare le trattative sul Ttip e lavorare verso una soluzione che aumenti in generale il commercio e allo stesso tempo riduca il nostro deficit commerciale».