Nuovo incidente diplomatico tra Stati uniti e America latina. Al centro, il presidente venezuelano Nicolas Maduro e il suo viaggio in Cina, in programma da domani al 24 settembre. Maduro ha accusato Washington di avergli negato il sorvolo di Porto Rico, soggetto alla giurisdizione Usa. Alla fine, il permesso è arrivato. Intanto l’episodio aveva scatenato reazioni di fuoco, in Venezuela e negli altri paesi dell’Alba, l’Alleanza bolivariana per i popoli della nostra America. Tutto è cominciato con l’annuncio «indignato» di Maduro: «Il governo degli Stati uniti ci nega il permesso di sorvolo nello spazio aereo di Porto Rico, che come sapete è uno stato colonizzato dagli Usa dall’inizio del XX secolo», ha affermato il successore di Chávez. «È un insulto dell’imperialismo – ha rincarato il ministro degli Esteri, Elias Jaua – mi auguro che le autorità nordamericane rettifichino l’errore che stanno commettendo i loro subalterni».
L’incidente ha preso una piega regionale. Il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha chiesto una «riunione urgente» della Comunità degli stati latinoamericani e caraibici (Celac): per decidere «il ritiro immediato degli ambasciatori Usa». Decisione simile era stata presa nella grave crisi diplomatica che lo ha visto al centro, nel luglio scorso. Allora, tornando da Mosca, il presidente aymara era stato obbligato ad atterrare a Vienna e a rimanervi per 11 ore, a causa del rifiuto di sorvolo del proprio spazio aereo imposto da Spagna, Portogallo, Francia e Italia. «Non si può accettare che gli Usa continuino con questa politica di intimidazione proibendo i voli dei presidenti – ha detto Morales -. In questo caso hanno violato 4 norme internazionali: Diritti umani, Patto dei diritti civili e politici, Convenzione sulle missioni speciali e Convenzione di Vienna. Prepareremo una denuncia internazionale del governo Obama per crimini di lesa umanità». È intervenuto in twitter anche il ministro degli esteri ecuadoriano Ricardo Patiño: «Prima la Bolivia, ora il Venezuela. Che pretendono? Mettere a rischio l’amicizia fra i popoli e la pace nel mondo?».
Maduro ha anche accusato gli Usa di non voler concedere il visto ad alcuni ministri della sua delegazione incaricata di recarsi all’Assemblea dell’Onu (dal 24 settembre al 1 ottobre). «Governo degli Stati uniti, voi non siete i padroni dell’Onu anche se ha sede a New York. Meglio che l’Onu traslochi», ha detto, riservandosi di compiere «azioni diplomatiche». E per questo Morales ha chiesto ai paesi dell’Alba di disertare l’Assemblea Onu. Alla fine, però, il permesso di sorvolo è arrivato. Secondo gli Usa, Caracas non aveva formulato bene la domanda. Maduro potrà così onorare l’appuntamento fissato con il suo omologo cinese Xi Jinping: «per rafforzare le relazioni strategiche» fra i due paesi, iniziate durante il governo dello scomparso, Hugo Chávez, in carica dal 1999 al 2013. Nel 2012, Caracas e Pechino hanno effettuato scambi commerciali per 20.000 milioni di dollari. Il Venezuela – il primo paese petrolifero sudamericano – vende alla Cina 640.000 barili al giorno, 264.000 servono a compensare il debito contratto negli ultimi anni attraverso il fondo cino-venezuelano, che ha di recente fornito a Caracas un nuovo prestito per 5.000 milioni di dollari. Un’alleanza «basata sul mutuo rispetto, non una relazione imperiale o di saccheggio come quelle che impostano gli Usa», ha detto Maduro. Gli Stati uniti sono i principali acquirenti del petrolio venezuelano, ampiamente svenduto prima dell’arrivo di Chávez. Anche per questo, Caracas accusa Washington di voler destabilizzare il paese incoraggiando le tentazioni golpiste dell’opposizione venezuelana.