Sanzioni economiche sì, ma nessun intervento militare in Venezuela. Parola di Roberta Jacobson, sottosegretaria di Stato Usa per l’Emisfero occidentale: «Se non c’è movimento, se non c’è possibilità di dialogo, se non c’è spazio democratico per l’opposizione, è chiaro che dovremo pensare alle sanzioni, e ci stiamo pensando – ha affermato Jacobson -, ma nessuno scenario include azioni militari».

Una proposta di legge bipartisan per chiedere a Obama sanzioni al Venezuela è stata presentata alle due camere. Intanto il Consolato Usa ha già ridotto i visti turistici ai venezuelani, adducendo difficoltà di personale: dovuta all’espulsione di tre funzionari consolari Usa, accusati di organizzare piani eversivi, e alla successiva ritorsione di Washington nei confronti dell’ambasciatore venezuelano. Caracas ne ha nominato un altro, chiedendo la normalizzazione dei rapporti «su un piano di rispetto reciproco», ma Jacobson ha rinviato la decisione «a quando si sarà consolidato il dialogo fra tutte le parti».

Ha anche espresso preoccupazione per la decisione delle autorità venezuelane di togliere l’immunità parlamentare a Maria Corina Machado e ha definito «deplorevole» che la settimana scorsa la deputata di opposizione non abbia potuto intervenire alla sezione pubblica dell’Organizzazione degli stati americani (Osa), bocciata dalla maggioranza.

Il Panama, che ha richiesto l’invio di una missione Osa contro il governo Maduro, ha provocato la rottura degli accordi diplomatici e commerciali con Caracas. E in seguito ha ceduto il suo diritto di parola a Machado, grande sponsor degli Usa nel suo paese, attiva nel golpe contro Chavez del 2002. Secondo il presidente dell’Assemblea, Diosdado Cabello, Machado ha violato la costituzione accettando di rappresentare un paese straniero senza l’autorizzazione del parlamento. E per questo è stata destituita.

Non ha però smesso di istigare le piazze alle “guarimbas” – barricate di chiodi, cemento e spazzatura incendiata – che hanno già provocato 36 morti e milioni di dollari di danni: pensa di vincere così lo scontro per il potere in corso nella Mesa de la unidad democratica (Mud) egemonizzato dalle componenti più oltranziste. Su di lei pende però una denuncia e la decisione della magistratura, che potrebbe portarla in carcere come Leopoldo Lopez (leader del partito di estrema destra Voluntad popular) e a due sindaci di opposizione che hanno diretto, incappucciati, gli scontri violenti.

Il governo mantiene il controllo politico e militare del paese, ma in alcune zone (soprattutto alla frontiera e nei quartieri agiati della capitale), i gruppi violenti (e anche armati) continuano i blocchi stradali e gli attacchi ai militanti chavisti e alle strutture pubbbliche: case popolari, centri medici, biblioteche, università, trasporti gratuiti…

Dal ’99 a oggi, il socialismo bolivariano ha destinato ai progetti sociali circa 623.508 milioni di dollari: la cifra più alta di tutto il Sudamerica. Uno spreco, secondo l’opposizione che ha salutato la proposta del Fondo monetario internazionale di tornare nel paese, da cui è stato espulso durante il governo Chavez: per «aiutare» l’economia venezuelana.

Ieri, la commissione della Unasur, a Caracas per agevolare il processo di pace, ha incontrato i rappresentanti studenteschi della destra, finora sordi agli inviti al dialogo rivolti dal presidente Nicolas Maduro. Il governo ha intanto deciso di installare un Consiglio nazionale per i diritti umani per raccogliere «ogni tipo di denuncia».

E per domani è prevista una manifestazione ambientalista, organizzata dal chavismo per denunciare i danni all’ambiente provocati dalle violenze e ribadire le linee programmatiche dell’eco-socialismo approvate dall’Assemblea nazionale «per preservare la natura attraverso uno sviluppo responsabile, equilibrato, ecologico».