A indicare che, almeno in apparenza, sta dando i primi frutti l’apertura fatta dagli Usa la scorsa settimana a una nuova trattativa con l’Iran, è stato ieri il «ministro degli esteri» dell’Ue, Josep Borrell. «Stanno avendo luogo importanti contatti diplomatici con tutti gli attori, inclusi gli Usa, per vedere se è possibile per Washington tornare nell’accordo, che è stato abbandonato dall’Amministrazione Trump. Penso che sia un modo per l’Iran di tornare al rispetto degli obblighi in tema di energia atomica», ha detto Borrell a margine del Consiglio Affari Esteri a Bruxelles. La conferma è poi giunta da Tony Blinken. Rivolgendosi alla Conferenza sul disarmo a Ginevra, il segretario di Stato ha prima ricordato che gli «Stati Uniti rimangono impegnati a garantire che l’Iran non acquisisca mai un’arma nucleare» e poi ha aggiunto che «la diplomazia è la strada migliore per raggiungere questo obiettivo». «Lavorando con alleati e partner – ha spiegato – cercheremo di allungare e rafforzare il Jcpoa e di affrontare altre aree di preoccupazione, tra cui il comportamento regionale destabilizzante dell’Iran e lo sviluppo e la proliferazione dei missili balistici».

La linea della nuova Amministrazione è quella di strappare di più all’Iran, rispetto ai punti raggiunti nel 2015, in cambio della fine delle sanzioni economiche, politiche e diplomatiche con le quali Donald Trump ha cercato di schiantare Tehran. E gli iraniani procedono ugualmente con i piedi di piombo. Alla vigilia del blocco all’accesso ai siti nucleari iraniani per gli ispettori dell’Agenzia dell’Onu per l’energia atomica, il portavoce del ministero degli esteri iraniano, Saeed Khatibzadeh ha annunciato che i colloqui di domenica con il direttore dell’Aiea, Rafael Grossi, hanno prodotto «un risultato diplomatico molto significativo» e che le attività di verifica e sorveglianza potranno proseguire per altri tre mesi. Khatibzadeh si è affrettato a precisare che l’intesa rispetta la legge approvata di recente dal Parlamento iraniano che prevede, da oggi, forti limitazioni alle ispezioni dell’Aiea

A Tehran si sta giocando una partita difficile tra chi, come il presidente Rohani, uno dei padri dell’intesa del 2015, vuole dare una seconda possilità al Jcpoa, e l’ala dura che, dopo il tradimento delle intese da parte di Trump, chiede di procedere allo sviluppo senza limitazioni del programma nucleare. L’intesa con l’Aiea ha fatto imbestialire una buona fetta del Parlamento iraniano dove l’approccio flessibile di Rohani non ha più molti sostenitori. «Dovrebbero scusarsi per aver aggirato la legge del nuovo Parlamento», ha tuonato il presidente dell’Assemblea, Mohammad Baqer Qalibaf. E non sono servite a placare le contestazioni le spiegazioni del portavoce Saeed Khatibzadeh secondo cui le ispezioni dell’Aiea continueranno ma con le previste restrizioni. L’Iran, ha detto, registrerà le informazioni su alcune delle sue attività nucleari e lascerà in funzione le telecamere di sorveglianza, ma manterrà i dati riservati. Le cose cambieranno solo se tra tre mesi le sanzioni economiche contro il paese verranno rimosse.

In ogni caso tra proteste, accordi limitati e ammonimenti, si è capito che Usa e Iran andranno a un nuovo negoziato per ridare vita al Jcpoa. Una certezza che turba il sonno di Benyamin Netanyahu che prima del 2015 si era battuto contro l’intesa internazionale con Tehran – sferrando colpi bassi all’ex presidente Usa Barack Obama – e che aveva trovato in Trump l’alleato ideale contro l’Iran. Il premier israeliano ieri ha incontrato il ministro della difesa Benny Gantz, quello degli esteri Gabi Ashkenazi, l’ambasciatore negli Usa Gilad Erdan e il capo del Mossad Yossi Cohen per elaborare la posizione israeliana a fronte delle aperture dell’amministrazione Biden all’Iran. Che poi è sempre la stessa. «Non è cambiata e non cambierà», tornare al Jcpoa «spiana la strada dell’Iran verso un arsenale nucleare» aveva detto qualche giorno fa Netanyahu. Ma non tutti gli israeliani sono con lui. Un gruppo di ufficiali delle forze armate e della Commissione per l’energia atomica in una lettera si sono espressi a favore dell’iniziativa di Biden.