Ci sono tre cose che vanno riconosciute agli U2 di questi ultimi anni: la prima è che sono coraggiosi. La prova è costituita proprio dai concerti dell’Experience+Innocence Tour che in questi giorni ha toccato l’Italia con quattro date, tutte esaurite, al Mediolanum Forum di Milano: non è facile infatti pensare a una band con ormai 40 anni di carriera alle spalle che sceglie di non suonare nessuna canzone del loro album più famoso, The Joshua Tree, che era stato eseguito integralmente nel tour negli stadi dello scorso anno. Questa scelta però ha permesso a Bono e compagni di mettere in scaletta, oltre a numerosi brani dell’ultimo album, Songs of Experience – tra cui spiccano The Blackout, che apre il concerto, Get Out of Your Own Way, e l’ottimo pop di Love Is Bigger Than Anything in Its Way – anche diverse canzoni che non venivano eseguite da molto tempo (Gloria, Zoo Station o The Fly, che ha fatto il suo esordio proprio nelle date milanesi), che erano state eseguite dal vivo pochissime volte (Stay, scritta per Wim Wenders o Who’s Gonna Ride Your Wild Horses) e anche una delle loro canzoni più belle in assoluto, che non era mai stata suonata davanti a un pubblico: si tratta di Acrobat, contenuta in Achtung Baby, in cui Bono torna a indossare i panni di uno dei protagonisti dello ZooTV Tour, il diavolo MacPhisto, grazie alla realtà aumentata.

La seconda cosa è che gli U2 sono sempre in grado di allestire un grande spettacolo, che è sempre qualcosa di più rispetto al classico concerto rock. Se il Joshua Tree Tour puntava tutto sulla potenza sonora dell’album uscito ormai 31 anni fa e, tutto sommato, aveva pochi “effetti speciali”, l’Experience+Innocence Tour si fa forza del bellissimo palco progettato da Willie Williams e dalla scenografa Es Devlin, che permette un livello di interazione tra la band, i video e il pubblico inimmaginabile anche solo fino a pochi anni fa. Inoltre, il pubblico può anche scoprire dei contenuti extra grazie alla app che sfrutta la realtà aumentata che sfrutta l’enorme schermo che divide trasversalmente l’arena e serve anche da congiunzione tra I due palchi. Su questo schermo passano anche i messaggi politici e sociali che Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen, Jr. vogliono trasmettere al pubblico: il concerto si apre con le immagini della devastazione della Seconda Guerra Mondiale e con il discorso di Charlie Chaplin ne Il Dittatore, e prosegue con appelli per l’accoglienza dei migranti e contro la deriva populista che sta spazzando l’Europa, rappresentata dall’ungherese Orbàn, dalla francese Le Pen, dallo svedese Åkesson ed dallo spettro evocato, ma non nominato di Matteo Salvini. Una grande bandiera europea campeggia sul palco per ribadire il messaggio di unità.

La terza cosa da dire è che, anche dopo 42 anni di carriera, gli U2 rimangono una grande live band. Le quattro rockstar irlandesi suonano ancora con entusiasmo e non danno segni di stanchezza. La sezione ritmica è potente e precisa (con Larry che si concede anche qualche coro in alcune canzoni), The Edge è concretissimo nella sua manipolazione del suono e nel creare tessuti melodici solo apparentemente semplici, e Bono sembra aver superato alla grande i problemi alla voce che lo avevano colto in una data a Berlino. La sua voce suona ancora fresca e potente e le sue capacità istrioniche lo rendono ancora uno dei migliori frontman sulla scena. Se questa è l’innocenza che gli U2 hanno trovato alla fine del tunnel dell’esperienza, allora forse il rock non è morto ed è ancora in grado di smuovere i cuori, far muovere i piedi e aprire il cervello.