Negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento l’interesse per l’opera di Karl Marx segna in Europa un ampio settore degli studi filosofici. In Italia si assiste allora non solo alla ripresa d’una riflessione su quei testi che, dall’ultimo decennio dell’Ottocento, si erano misurati sul lascito marxiano (si citino solo Del materialismo storico, dilucidazioni preliminari (1896) di Antonio Labriola; Materialismo storico ed economia marxistica (1899) di Benedetto Croce e La filosofia di Marx (1899) di Giovanni Gentile) e, poi, nei primi vent’anni del nuovo secolo, sui contributi dedicati specialmente alle teorie economiche di Marx (si ricordino solo le ricerche di Antonio Graziadei, da La produzione capitalistica (1899) a Prezzo e sovrapprezzo nella economia capitalistica: critica della teoria del valore di Carlo Marx, del 1923).

Tra le numerose che si affermano in Italia dopo il 1945, prende avvio anche «una corrente marxista che tende a distaccare Marx da Hegel, ed a concepire la dialettica marxista come specificamente diversa da quella hegeliana interpretando il rovesciamento marxiano della dialettica di Hegel piuttosto come una vera disintegrazione, in funzione della fondazione d’un metodo nuovo. Maggiore esponente di questa corrente è, da noi, Galvano della Volpe, e attorno a lui si raccoglie un gruppo di giovani studiosi che ne sviluppano l’orientamento». Così nel 1960 scrive Mario Rossi (1916-1978), uno di quei giovani studiosi, nella Introduzione al primo volume del suo Marx e la dialettica hegeliana, un’opera che, estendendosi per duemila pagine, prende in esame i testi di Hegel, dai primi scritti giovanili alla Fenomenologia dello Spirito e, poi, dalla Logica alle Lezioni sulla Filosofia della storia; e prosegue quindi ad analizzare l’opera di Marx dai suoi esordi filosofici, dalla Critica della filosofia hegeliana del diritto statuale e dai Manoscritti economico-filosofici del 1844 fino al Manifesto del Partito comunista del 1848. Marx e la dialettica hegeliana è un’opera di storiografia filosofica e di filosofia teoretica. E il raggiungimento teoretico Rossi persegue in una sua meticolosa aderenza ai testi. Un metodo che caratterizza e definisce l’ulteriore sua ricerca, da Rossi raccolta, nel 1974, in Cultura e rivoluzione. Funzionalismo storico e umanismo operativo.

Non si tratta di quella «minuta escavazione testuale di cui si perdono, via via, i criteri d’una ragionevole motivazione, fino a condurre ad un lavoro di sublime inutilità», contro cui Rossi polemizza nello scritto su La funzione della storia della filosofia stampato nel 1984 in appendice al postumo Le origini della filosofia greca. Al contrario. Ha ora modo di constatare il lascito prezioso di Rossi nella sua ricchezza, in questo caso riguardo alla riflessione sulla condizione attuale dell’operare artistico, il lettore degli Scritti di estetica e di filosofia dell’arte che Romeo Bufalo ha meritoriamente raccolto, presentati da una sua puntuale e illuminante introduzione (Un’estetica del ‘realismo operativo’) e che Aracne editrice pubblica nella collana «Il Bosco sacro. Studi di estetica».

Hegel e Marx, Aristotele e Kant, Majakovskij e Brecht, tra gli altri, sono gli autori dei testi che Rossi privilegia quali circostanziati moventi e scaturigini della sua estetica, non occasioni di mera ricostruzione storiografica o di acribia interpretativa. Testi individuati e trattati da Rossi alla stregua di cogenti premesse problematiche, assunti quali presupposti teorici, saggiati nelle loro connessioni, cioè messi alla prova nei loro punti di tenuta. Rossi non fissa la citazione in formula.

Dei costrutti di pensiero e delle opere saggia la energia teoretica fino a rivelarne il ‘punto di frattura’, per dir così, la non tenuta. Ed è per questa via che Mario Rossi non solo apre l’opera ad una nuova interpretazione, ma la dispone ad una sua concreta funzione storica, la situa, propriamente, in una sua congrua, attuale «operatività»: praxis. Sta in questa attitudine la attualizzazione consapevole alla quale Rossi espone il ‘testo’ da lui ragionato estraendone il portato attivo, vivo e, per questo, contemporaneo.