Lo sforzo ulteriore che il sesto rapporto Ipcc compie è quello di dettagliare il clima e i suoi mutamenti a livello regionale e per tipologia di ambiente. Per la prima volta quello che è avvenuto ed avverrà zona per zona viene articolato in scenari specifici che suddividono il pianeta in 7 porzioni geografiche (Africa, Asia, Australia, America Centrale, Nord e Sud America, Europa) e 4 aree morfologiche (montagne, oceani, poli e piccole isole).

Per quanto riguarda le aree geografiche vengono riportati gli andamenti di temperatura e precipitazioni osservati nell’ultimo secolo che, una volta confrontati con quelli relative al periodo 1851-1900, consentono di fare delle previsioni a seconda di quanto si riesca a contenere (o non contenere) l’innalzamento della temperatura media. La situazione più drammatica da questo punto di vista la vive il continente Africano, dove l’incremento della temperatura e del livello del mare è superiore alla media globale, un primato che si confermerà anche nel futuro, esacerbando l’inondazione e l’erosione delle basse coste.

ANCHE IN ASIA l’innalzamento dei mari è stato e continuerà ad essere al di sopra della media, e fra le conseguenze del surriscaldamento specifiche per il continente ci sarà anche la diminuzione della velocità dei venti che si traduce nell’ indebolimento dei monsoni, masse d’aria la cui periodizzazione determina il clima e gli equilibri di mezzo continente.

QUANTO ALL’AUSTRALIA , uno degli aspetti più preoccupanti dello scenario attuale e futuro, di cui abbiamo avuto una prova schiacciante quest’estate, è che la frequenza delle ondate di calore continuerà ad aumentare e che la stagione del fuoco, ovvero quella calda, è destinata ad allungarsi ulteriormente. Nel continente le proiezioni sono differenti nelle diverse aree geografiche: le precipitazioni diminuiranno nel sud ovest australiano mentre aumenteranno nel sud-est della Nuova Zelanda.

NEL CENTRO SUD AMERICANO il regime delle precipitazioni è cambiato e cambierà, seguendo un trend che lo vede aumentare nel nord-ovest e nel sud-est, e diminuire nel nord est e nel sud ovest. Un altro dato certo è l’aumento delle ondate di acque più calde. Il ritardo dei «monsoni sudamericani», che spazzano e regolano il cuore del continente – Amazzonia compresa – esaspererà vari fenomeni quali la siccità e le ondate di calore.

IN AMERICA DEL NORD e nella la parte centrale che le è più prossima, Caraibi inclusi, il surriscaldamento globale innalzerà le temperature soprattutto più al nord, mentre al sud i cicloni tropicali saranno sempre più violenti.

VENENDO ALL’EUROPA, nonostante la forte variabilità interna l’aumento della temperatura media non farà sconti a nessuno, così come il numero dei picchi di calore; mentre gli eventi «rinfrescanti» (ghiacciate e abbassamenti bruschi) saranno sempre meno. Un trend che i ricercatori specificano essere inequivocabilmente determinato da fattori antropici.

A PROPOSITO DELLE MONTAGNE, il sistema di simulazione si è concentrato sui cambiamenti nelle precipitazioni nevose: si prevede che lo zero termico si sposterà ad altitudini maggiori alterando i regimi di nevosità e di formazione delle masse di ghiaccio, di conseguenza i ghiacciai continueranno a ridursi e il permafrost (strato di ghiaccio che compatta le superfici delle vette) diventerà più sottile, compromettendo la stabilità dei crinali.

PER GLI OCEANI il dato monitorato è la temperatura superficiale delle acque, che è aumentata nel corso del secolo scorso e in media è destinata a crescere anche in quello attuale: fra le conseguenze, una ulteriore diminuzione dei livelli di ossigeno, una maggiore acidificazione delle acque a causa dell’aumento di CO2. E alterazioni chimiche che si sono già verificate: l’oceano Atlantico è già più salato di prima, mentre nelle acque del Pacifico la salinità è diminuita; una previsione preoccupante è relativa alle acque artiche, destinate a ondate di calore più frequenti.

PER LE ZONE POLARI l’entità della massa di ghiaccio è il parametro preso in considerazione, con numeri in calo dagli anni duemila e che continueranno a scendere anche se la temperatura globale si stabilizzasse. Questo andamento è particolarmente accentuato nell’Artico, che secondo i ricercatori ha più che raddoppiato il tasso globale di riscaldamento negli ultimi 50 anni, e questa dinamica continuerà anche nel 2021. La maggiore variabilità interna rende invece la situazione di riscaldamento dell’Antartide meno estrema ma comunque costante.

VENIAMO ALLE ISOLE, dove le conseguenze dell’indubbio innalzamento delle acque non sono sempre individuabili a causa della carenza di informazioni: i trend, con poche eccezioni, sono l’aumento delle inondazioni e un numero minore di cicloni, ma più intensi.

La zonizzazione dell’analisi del clima prende in considerazione anche la «morfologia» aree urbane, dove il parametro chiave risulta essere la media annuale della temperatura giornaliera, che risulta essere più influenzata dall’urbanizzazione nei suoi minimi: sono sempre più alti, ovvero le città a causa del cemento perdono progressivamente la freschezza con cui compensare i picchi di temperatura che sono in crescita, in particolare la notte. Sono infatti le temperature notturne che aumenteranno nei loro massimi, riducendo ulteriormente gli spazi di ristoro.

Altri guai specifici delle città sono l’inquinamento – che il surriscaldamento acutizza come nel caso dell’ozono – e nel caso delle città costiere il rischio di inondazioni, per una combinazione di fattori quali l’innalzamento del livello delle acque e l’intensificarsi delle precipitazioni.