«È un disastro senza precedenti che ha colpito il più importante museo di arte islamica del mondo», è il commento al manifesto di Emad Adly, archeologo dell’Istituto francese di archeologia orientale (Ifao) del Cairo. È in frantumi l’ingresso del bellissimo museo che raccoglie iI patrimonio dell’arte fatimide egiziana, con decine di reperti raccolti lungo via Muazzedin Illah al Cairo e nel cuore antico di Helmeya, durante i lavori di riqualificazione degli ultimi anni. Così appariva il museo di arte islamica del Cairo dopo gli ordigni esplosi all’alba di ieri. La facciata del museo, da pochi anni restaurato nell’ambito di un progetto costato milioni di dollari, è stata gravemente danneggiata.

In un primo sopralluogo degli addetti del ministero delle Antichità i danni sono apparsi subito gravissimi, alcuni tetti sono crollati, molti monili sono andati distrutti. Il pavimento era ricoperto di vetri in frantumi e legni a pezzi delle antiche costruzioni fatimidi trasportate qui dal centro del Cairo. La stessa sorte è toccata a decine di calligrafie e manoscritti. Tra gli oggetti conservati nel museo, andato quasi distrutto nell’esplosione di ieri, spiccano alcune calligrafie, riconosciute come patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. In una delle sale più belle del museo si ammiravano dei reperti di epoca Ayubide, dinastia militare discendente dei kurdi, al governo durante le conquiste crociate.

Nel 1168, con la fine dell’ultimo califfo, Saladino abolì il califfato e fece costruire la prima moschea sufi al Cairo. È di epoca fatimide l’incantevole mirhab (che indica la direzione della preghiera), trasportato qui direttamente dalla moschea Ibn Tulun. Dagli oggetti del museo traspariva la vita lasciva dei sovrani fatimidi che usavano circondarsi di monili dal lusso tracotante. Le arcate abbassidi con iscrizioni in caratteri cufici e magnifiche ceramiche, provenienti dall’Asia centrale, erano altri reperti preziosi conservati nel museo.

È la terza volta che l’immenso patrimonio archeologico egiziano si trova al centro degli scontri durante le rivolte di piazza. Ma è la prima volta che un monumento di questa importanza viene preso di mira da ordigni, segno dell’imbarbarimento dello scontro e della polarizzazione della società egiziana. Era il 28 gennaio 2011 quando il museo egizio venne preso d’assalto da piccoli criminali. Da quel momento l’edificio, che costeggia piazza Tahrir, è diventato luogo di detenzione coatta per decine di manifestanti, mentre centinaia di mummie e manufatti egizi venivano trafugati. Ma in assenza di polizia, l’intero patrimonio archeologico è stato per mesi in balia di predatori. A Giza, ladri si sono impadroniti di una serie di statuette di valore inestimabile. Nei siti di Sakkara e Giza, sono stati trafugati beni dai magazzini, centinaia di reperti che sarebbero stati rubati e sostituiti con falsi nell’oasi di Fayoum.

Di immenso valore erano i volumi, raccolti dai francesi durante l’occupazione napoleonica nei depositi dell’Istituto francese del Cairo, andato distrutto dopo un incendio scoppiato in seguito al lancio di bottiglie molotov tra giovani dei movimenti e forze di polizia nel dicembre 2011, mentre erano in corso le prime elezioni parlamentari che videro la vittoria degli islamisti. Gravissimi poi sono stati i danni al museo egizio Mallawi di Minia negli scontri tra pro e anti Morsi dopo il colpo di stato del 3 luglio 2013. In quel caso, il museo è stato lasciato in uno stato di distruzione quasi totale: circa mille pezzi sono stati trafugati, mentre gli oggetti voluminosi che non potevano essere trasportati, sono stati fatti a pezzi e le sale sono state incendiate. Da quel momento sono iniziate le accuse incrociate tra islamisti e apparato di sicurezza in merito alle responsabilità negli attentati.