I cancelli della Trafomec di Tavernelle (Perugia), società sinonimo di alta tecnologia specializzata nella produzione di trasformatori industriali, tornano ad aprirsi. Il blocco delle portinerie da parte di circa 60 lavoratori licenziati, durato 17 giorni, è stato infatti momentaneamente sospeso in seguito all’incontro di ieri tra dirigenza e sindacati. «Un gesto di grande responsabilità», dice Cristiano Alunni della Cgil Perugia.

Le merci potranno entrare, ma il presidio non sarà tolto. Se l’azienda non salderà il dovuto ai dipendenti in esubero, tenendo fede agli impegni, la situazione potrebbe infatti tornare nuovamente a essere tesa.

Esemplificativa di come la finanza possa distruggere l’economia reale, la storia della Trafomec è quella di un’eccellenza produttiva assoluta, con produzioni e brevetti che vanno dai trasformatori per lo space shuttle della Nasa fino alla componentistica antincendio del Tgv, alle prese con le conseguenze della crisi finanziaria che nel 2003 ha portato all’azzeramento del gruppo dirigente storico dell’azienda. Da allora, priva di un qualsivoglia piano industriale, della Trafomec si parla solo per gli scandali.

«Negli anni – racconta un delegato – alcuni milioni di euro destinati alla ricapitalizzazione sono finiti in una banca di San Marino; sono spariti nel nulla 11 milioni versati da un gruppo bancario francese; il penultimo presidente del cda risulta coinvolto in un’indagine per false fatturazioni e un ad si è dimesso denunciando irregolarità».

L’attuale cda si insedia l’8 marzo 2011, ma la musica non cambia e ha luogo una serie di singolari avvicendamenti societari.

La Eurotrafo, controllata del gruppo, diventa Trafomec Europe – la fabbrica di Tavernelle i cui cancelli fino a ieri erano presidiati dai lavoratori – mentre la storica società Trafomec si trasforma in Trafoitalia, società immobiliare che licenzia tutti i dipendenti e viene posta in regime di concordato preventivo.

Il percorso aperto con le organizzazioni sindacali per riassorbire gli esuberi si conclude nel giugno del 2014, con la firma di un accordo pesante, ma che tutela il sito di Tavernelle.

L’azienda avrebbe dovuto riassorbire in una nuova società 120 dipendenti (su un totale di oltre 300), da scegliere tra quelli disposti a conciliare il proprio licenziamento per una buonuscita di 8000 euro. «Abbiamo accettato di conciliare quasi tutti – dice Maurizio, operaio licenziato – perché quello era il solo modo per far tornare a lavorare almeno una parte di noi.
E ora non vogliono nemmeno darci quello che ci spetta».

Il reintegro in azienda è previsto in deroga ai criteri di mobilità, senza riguardo per l’anzianità di servizio e le categorie protette, mentre i riassunti devono accettare un taglio del salario di circa il 20%. Nel frattempo però Trafoitalia fallisce, e per 60 dipendenti che vi erano stati trasferiti, non riassorbiti dalla nuova società, niente buonuscita, né Tfr, né niente di ciò che è il frutto di anni di lavoro. «Nell’accordo firmato e depositato in tribunale – dice ancora Cristiano Alunni – c’è scritto che in caso di fallimento di Trafoitalia le spettanze dei dipendenti sarebbero state garantite dalla nuova società, che però finora si è rifiutata di pagare».

I lavoratori licenziati hanno presidiato notte e giorno le portinerie della fabbrica fino a ieri, chiedendo semplicemente di percepire il dovuto. Tra 15 giorni, se l’azienda non rispetterà gli impegni presi, i lavoratori assicurano: «Riprenderemo la lotta come e più di prima».