Molti omaggi sono stati irradiati dal concerto del duo Canino Ballista tenuto alla Sala Shakespeare del Teatro dell’Elfo di Milano per l’edizione Kurtag/Beckett di Milano Musica. Il primo è senza alcun dubbio quello tributato dall’associazione musicale ai due musicisti per il loro duraturo sodalizio artistico: oltre ad aver fatto  per sessant’anni musica insieme, Bruno Canino e Antonio Ballista sono stati tra i primi in Italia ad elevare alle sale di concerto pratiche prima riservate ad ambienti privati come il suonare il pianoforte a quattro a mani, soprattutto affidato alla nobile arte della trascrizione che ha antecedenti illustri. Tanto per far fuori i nomi basta andare indietro solo alla seconda metà dell’Ottocento con Ferenc Liszt o Sigismund Thalberg, stando a soli stretti virtuosi dello strumento, che seppero ridurre sinfonie di Beethoven o opere del grande melodramma con lo stesso sommo intento. Il ‘900 poi aprì la trascrizione autoriale con gli stessi compositori che fornivano ulteriori chiavi interpretative delle loro partiture.

QUI FA FEDE, in vero opportunistica, la trascrizione della Sagra della Primavera, quindi un capolavoro, da parte dello stesso Stravinskij. Naturalmente, al duo furono consegnate anche composizioni originali e prime assolute. Questo per diradare il campo da ulteriori e fuorvianti suggestioni. Dopotutto, resta per i due più che ottantenni musicisti il poter far musica seguendo palinsesti sonori, suggerimenti di cartellone, capacità di creare una verticalità biografica nella scelta della musica tenendosi stretta l’osservazione storica in cui le stesse composizioni sono state create.  Questo si palesa senza mediazioni nel programma proposto nello spicchio della monografia dedicata a Kurtag e al suo idealizzato doppio Samuel Beckett. Sebbene, per quella evocata verticalità biografica e orizzontalità storica il programma si dipana nella prima parte in un singolare centone di storia della musica ungherese avviato dalle gioiose trascrizioni bachiane di Kurtag (che amava suonare con la moglie Marta) e a ritroso completato dalle repentine accensioni dei frammenti giovanili di un altro Gyorgy, Ligeti (e più riflessioni si riverberano nell’ascolto dei cinque pezzi per pianoforte a 4 mani degli anni 1942-50).

DA QUI l’esecuzione approda ad uno dei capolavori di Bartok : le piccole fedine estratte dai Mikrosmos degli anni ’40 con il grande compositore “barbaro” già americano si coniugano alla perfezione ai brani precedentemente eseguiti. Infine, ad una prima parte, per certi versi memorabile, si guizza ad un programma più “familiare”, estensivo alla ricezione bachiana nel tardo ottocento fino al primo novecento e agli anni 80 del XX secolo, con l’Omaggio a Grieg di Nicolò Castiglioni e alla complessa Fantasia Contrappuntistica di Busoni.