Ogni anno il Rapporto Rifiuti Urbani scatta una fotografia del nostro Paese che racconta tanto dei nostri consumi e di come viene realizzato a livello regionale, provinciale e comunale il servizio di igiene urbana, cioè la raccolta, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. A pubblicare il documento è l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), che a dicembre 2021 ha pubblicato l’analisi relativa ai dati del 2020, anno che – anche a causa delle limitazioni legate al lockdown e all’emergenza Covid-19 – ha visto una produzione nazionale in calo del 3,6% rispetto al 2019, per circa 28,9 milioni di tonnellate (-1,1 milioni di tonnellate, in termini assoluti).

LA RACCOLTA DIFFERENZIATA. Il bicchiere è mezzo vuoto: alla fine del 2020 sono (appena) 9 le Regioni italiane che hanno raggiunto o superano l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata, quello che era stato fissato dalla normativa per il 2012. Le prime cinque sono Veneto (76,1%), Sardegna (74,5%), Lombardia (73,3%), Trentino Alto Adige (73,1%) ed Emilia-Romagna (72,2%). Sono prossime all’obiettivo anche il Piemonte (64,5%) e la Valle d’Aosta (64,5%). Al di sotto del 50% si colloca solo la Sicilia (42,3%) che fa registrare un aumento di 3,8 punti rispetto al 2019 (38,5%). In questa regione nel quinquennio 2016-2020, la percentuale di raccolta differenziata risulta triplicata. Sul podio per la raccolta differenziata ci sono la provincia di Treviso (88,3%), seguita da Mantova (87,1%), Belluno (84,6%). Quarto posto per Reggio Emilia (82%).

I RIFIUTI CHE PRODUCIAMO. Anche se tutte le Regioni raggiungessero ottime percentuali di raccolta differenziata, oggi questo non sarebbe più sufficiente: la nuova dottrina dell’economia circolare, che l’Unione Europea ha adottato nel febbraio del 2021, impone di considerare davvero virtuoso solo un modello che contribuisce a ridurre i rifiuti al minimo, favorendo un modello di produzione e consumo che implica «condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo il più a lungo possibile», estendendo il ciclo di vita dei prodotti. Su questo, specie in alcune Regioni, c’è molto da fare: ogni cittadino italiano produce 488 chilogrammi di rifiuti all’anno, un dato che è sostanzialmente lo stesso del 2013. La produzione pro capite più elevata è quella dell’Emilia-Romagna, con 640 chilogrammi per abitante per anno. Le altre regioni con un pro capite superiore a quello medio nazionale sono Valle d’Aosta, Toscana, Liguria, Umbria, Marche, Friuli-Venezia Giulia e Lazio. I valori minori di produzione pro capite si registrano per la Basilicata (345 chilogrammi per abitante), il Molise (368 chilogrammi) e la Calabria (381 chilogrammi).

LE DIFFERENZE TRA TERRITORI. Le tre province che producono più rifiuti sono tutte in Emilia-Romagna. Sul podio salgono infatti Reggio Emilia, con 775 chilogrammi per abitante per anno, Ravenna con 702 kg e Rimini con 695 kg. Le province con i più bassi valori di produzione pro capite sono tutte localizzate nel Sud Italia: Potenza con 325 kg, Enna con 327 kg e Reggio Calabria con 340 kg. Al Centro, solo Rieti e Frosinone, rispettivamente con 381 kg e 379 kg, mostrano una produzione sotto i 400 kg per abitante.

NELLE CITTA’. L’ANDAMENTO DELLA PRODUZIONE dei rifiuti urbani nei 15 Comuni con popolazione sopra ai 200 mila abitanti mostra una rilevante contrazione, sicuramente legata agli effetti della pandemia, con un calo complessivo, tra il 2019 e il 2020, dell’8,8%. L’assenza del pendolarismo e dei flussi turistici, per effetto della limitazione degli spostamenti, ha avuto un ruolo significativo: a Venezia e a Milano il calo è pari, rispettivamente, al 15,7% e al 14%, seguite da Firenze e Palermo con riduzioni del 12,3% e 10,8%. Catania e Roma mostrano contrazioni prossime al 10%. Tra le città metropolitane, la percentuale più elevata di raccolta si rileva a Cagliari con il 73,7%, con una crescita di 2,3 punti rispetto al 2019; Venezia si colloca al 73,6% (70,9% nel 2019) e al di sopra del 60% risultano Milano, Firenze e Bologna (rispettivamente 68,9%, 67,6% e 66,3%). La Città metropolitana di Roma Capitale supera per il secondo anno consecutivo il 50 per cento. Il valore più basso, 29,4%, si registra per Palermo sostanzialmente stabile rispetto al 2019 (29%).

VIVA LA FRAZIONE ORGANICA. Per migliorare i dati, ha senso guardare le pagine del Rapporto Rifiuti Urbani che spiegano «che cosa si differenzia». L’organico si conferma la frazione più raccolta in Italia. Rappresenta il 39,3% del totale. Il 68,4% della frazione organica è costituito dalla frazione umida da cucine e mense (4,9 milioni di tonnellate), il 27,1% (1,9 milioni di tonnellate) dai rifiuti biodegradabili provenienti dalla manutenzione di giardini e parchi, il 3,8% (275 mila tonnellate) dai rifiuti avviati al compostaggio domestico e lo 0,7% (49 mila tonnellate) dai rifiuti dei mercati. Carta e cartone rappresentano il 19,2% del totale; segue il vetro con il 12,2% e la plastica che rappresenta l’8,6%. Quest’ultima presenta la maggior crescita dei quantitativi raccolti, pari al 4,4% con un quantitativo complessivamente intercettato pari a quasi 1,6 milioni di tonnellate. Il 95% dei rifiuti plastici raccolti in modo differenziato è costituito da imballaggi.

TROPPE DISCARICHE E INCENERITORI. Gli impianti di gestione dei rifiuti urbani, operativi nel 2020, sono 673. Sono dedicati al trattamento della frazione organica della raccolta differenziata 359 impianti, 132 sono impianti per il trattamento meccanico o meccanico biologico dei rifiuti. Esistono ancora 131 discariche (in cui vengono smaltiti il 20% dei rifiuti urbani, pari a 5,8 milioni di tonnellate), cui si aggiungono 37 impianti di incenerimento (il 18% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito (oltre 5,3 milioni di tonnellate)e 14 impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti urbani. «L’aumento della raccolta differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, ma non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti» spiega l’Ispra. Nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si è ridotto del 56%, passando da 13,2 milioni di tonnellate a 5,8 milioni di tonnellate. Su 37 inceneritori, invece, 26 si trovano al Nord, in particolare in Lombardia e in Emilia-Romagna. Forse non è un caso che sia la regione che produce più rifiuti.